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Tra Valsusa e Valsangone…..

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Durante la resistenza le montagne nei pressi del colle Braida e lungo il crinale che separa la valle di Susa dalla val Sangone erano fortemente presidiate dalle formazioni partigiane che controllavano le borgate i sentieri e le mulattiere oltre la strada carrozzabile che collega Giaveno e Avigliana.

Anche nei pressi della Buonaria operava frequentemente un distaccamento partigiano perché, dalla spianata della locanda, si potevano controllare i movimenti dei tedeschi in salita da Avigliana ed il fondovalle verso Chiusa S. Michele e Condove; inoltre, la presenza della locanda, della vicina borgata Basinatto e di una fontana famosa per l’ottima acqua fresca, garantivano un buon appoggio per l’approvvigionamento del cibo e per il ricovero notturno.

Il 19 maggio 1944, all’indomani di un pesante rastrellamento in val Sangone, una vettura tedesca con a bordo un alto ufficiale delle SS, veniva attaccata mentre saliva la provinciale verso il colle Braida, proprio nella curva dove oggi sorge il monumento. L’ufficiale ed un secondo militare vennero uccisi, mentre un terzo riuscì salvarsi e, sceso a valle, diede l’allarme. Sebbene l’attacco fosse stato condotto in territorio sotto il controllo partigiano, i tedeschi non lo considerarono un atto di guerra e fecero scattare la rappresaglia nei confronti della popolazione civile.

Il giorno stesso e poi in quelli successivi vennero condotti rastrellamenti che provocarono diverse vittime. Il 21 maggio trecento uomini furono presi in ostaggio a Giaveno e venne cannoneggiata la borgata S. Pietro situata sotto la Sacra di S. Michele che a sua volta fu perquisita. L’indomani vennero saccheggiate e bruciate le case della borgata Basinatto. Il 23 fu bombardata e distrutta la borgata del Selvaggio posta tra Giaveno e Coazze.

Il 26 maggio l’epilogo. All’alba 41 partigiani vennero prelevati dalle carceri di Torino, portati in questi luoghi e fucilati: 11 alla Buonaria, proprio sull’altro lato della strada, 10 a Valgioie, 10 a Giaveno e 10 a Coazze.

I nazifascisti prelevarono gli abitanti di Basinatto che trovarono in casa e li trascinarono con la forza ad assistere terrorizzati all’esecuzione.

Gli 11 martini della Buonaria ebbero sorte migliore dei loro compagni caduti e sepolti altrove in fosse comuni, come esigevano gli ordini impartiti dal comando tedesco.

Per merito del Commissario Prefettizio di Chiusa S. Michele, Luigi Bruno, e di alcuni generosi cittadini tra cui ricordiamo Teresa Tabone, le salme furono ricomposte, fotografate e seppellite separatamente, ognuna con la propria bara, per poter permettere ai parenti di recuperarle a guerra conclusa.

Fino alla conclusione della guerra, Teresa Tabone e le ragazze di Chiusa S. Michele, non fecero mai mancare i fiori e le cure alle tombe degli sventurati ragazzi. Grazie al loro coraggio e alla loro bontà, dopo la liberazione, fu così possibile rintracciare i famigliari dei caduti, consegnare loro le spoglie dei propri cari ed erigere la stele di pietra con i nomi e le fotografie dei giovani uccisi.

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