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Rodolfo Walsh e i Montoneros

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Rodolfo Walsh nasce il 9 gennaio 1927 in Patagonia. Dopo aver scritto alcuni romanzi polizieschi, come Variazioni in Rosso (1953), diventa famoso per Operación Masacre (1957), considerato un capolavoro del giornalismo investigativo. Il libro racconta una strage di civili compiuta l’anno prima dall’esercito per ordine del presidente, il generale Aramburu, come rappresaglia per un tentativo di rivolta peronista.

Dopo la rivoluzione cubana si trasferisce a L’Avana su invito di Jorge Masetti, un giornalista argentino che dopo aver intervistato Fidel e il Che sulla Sierra Maestra si era unito alla Rivoluzione.

Walsh collabora all’agenzia Prensa Latina, e conosce molti protagonisti di quegli anni, tra i quali Ernesto Che Guevara, che spesso trascorre le serate con i due connazionali.

A Cuba Walsh realizza il suo scoop più clamoroso. Come racconterà Gabriel Garcia Marquez, altro amico di quel periodo, riesce a decifrare uno strano messaggio in codice e scopre che gli USA stanno addestrando esiliati cubani in Guatemala per tentare l’invasione della Baia dei Porci. Riesce così a sventare l’attacco di sorpresa.

Tre anni dopo torna in Argentina, continua la sua attività di scrittore e scrive anche opere teatrali di satira antimilitarista.

Nel 1969 scrive ¿Quien mató a Rosendo?, che a partire da un fatto di cronaca denuncia la degenerazione gangsteristica della burocrazia sindacale. Nel 1970 l’organizzazione armata peronista Montoneros sequestra il generale Aramburu, che viene giustiziato dopo un mese di prigionia in risposta ai fatti del 1956.

Walsh si avvicina ai Montoneros, ma teme una deriva militarista e ritiene prioritaria la battaglia sul terreno dell’informazione. Sotto la sua direzione il loro quotidiano Noticias diventa un media popolare e arriva a diffondere 130mila copie.

Quando il 24 marzo del 1976 i generali Videla, Agosti e Massera prendono il potere con un colpo di Stato, Walsh è già in clandestinità da quasi due anni. Crea l’ANCLA (Agenzia di Notizie Clandestina) e si dedica a denunciare il terrorismo di Stato.

Il 29 settembre 1976 la figlia ventiseienne Vicki e altri quattro militanti dei Montoneros vengono sorpresi dall’esercito in una casa di Buenos Aires. Un soldato racconterà: «Il combattimento è durato un’ora e mezza. Un uomo e una ragazza sparavano dall’alto; la ragazza richiamò la nostra attenzione perché ogni volta che sparavano una raffica e noi ci gettavamo in terra lei rideva». Ma è una battaglia senza speranza e Vicki si uccide per non cadere viva in mano ai torturatori.

Il 24 marzo 1977, primo anniversario del golpe, Rodolfo scrive Lettera aperta alla Giunta Militare, documento straordinario non solo per la circostanziata denuncia delle atrocità della dittatura, ma soprattutto perché il terrorismo di Stato viene chiaramente descritto come il presupposto necessario per imporre al Paese il neoliberismo più estremo:

“Nella politica economica di codesto governo si deve ricercare non solo la spiegazione dei vostri crimini, ma una maggiore atrocità, la condanna di milioni di esseri umani alla miseria pianificata. In un anno avete ridotto il salario reale dei lavoratori al 40%, diminuito al 30% la loro partecipazione al reddito nazionale, elevato da 6 a 18 ore la giornata lavorativa di cui un operaio ha bisogno per la spesa della sua famiglia, resuscitando così forme di lavoro forzato che non rimangono nemmeno negli ultimi insediamenti coloniali (…) I risultati di tale politica sono stati fulminanti. In questo primo anno di governo il consumo alimentare è diminuito del 40%, quello di vestiario del 50%, quello di medicine è praticamente scomparso negli strati popolari. E ci sono zone nella Grande Buenos Aires dove la mortalità infantile supera il 30%, cifra che ci eguaglia alla Rhodesia, al Dahomey e alle Guaiane, infermità come la diarrea estiva, i parassiti e persino la rabbia per le quali le cifre si accostano a record mondiali o li superano”.

Ma a seguito della confessione di un prigioniero torturato i militari sono sulle sue tracce, e il giorno dopo, mentre diffonde il suo documento, viene intercettato dal Gruppo Operativo 3 dell’ESMA, famigerato centro di tortura e sterminio della dittatura. Rodolfo Walsh riesce a estrarre una pistola e spara. Sa di non avere speranze, ma non vuole farsi prendere vivo. Una raffica di mitra lo ferisce gravemente, e all’ESMA arriva già morto.

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