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Brasile, La revolta do Males

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La notte del 24 gennaio 1835, a Salvador de Bahia, scoppiò quella che in Brasile è ricordata come la Revolta do Malês, i moti di protesta degli schiavi africani di religione islamica, denominati appunto malês. Si trattò di una rivolta connotata da un carattere fortemente radicale, ma caratterizzata anche da un desiderio di emancipazione covato per lungo tempo sotto la cenere. I malês si proponevano di farla finita con la religione cattolica, che era stata loro imposta, confiscare i beni a bianchi e mulatti, impiantare una repubblica islamica che decretasse la schiavitù di quegli stessi bianchi e mulatti che l’avevano imposta ai neri, in una sorta di risarcimento per l’oppressione di cui erano stati vittime.

Nello specifico, il termine male deriva dalla parola di lingua yoruba imale: la loro rivolta fu capeggiata dai leader Mala Abubaker, Luis Sanim, Manuel Calafate e Pacífico Licutã. La ribellione dei malês, che si protrasse fino al 25 gennaio, riuscì per poche ore a conseguire la libertà religiosa, grazie ad una battaglia campale nel centro di Salvador de Bahia al termine della quale rimasero uccisi sette militari dell’esercito, ma anche settanta ribelli, mentre in oltre duecento furono costretti a subire un processo con pene che nel peggiore dei casi prevedevano la condanna a morte e nel migliore i lavori forzati. L’insurrezione dei malês fu domata con una certa rapidità e altre rivolte simili vennero tenute sotto controllo e represse violentemente poiché era grande il timore che gli schiavi musulmani volessero raggiungere l’indipendenza e l’autonomia come avvenne ad Haiti in quella stessa epoca. Inoltre, era ancora fresco il ricordo della sollevazione della società segreta nera, Ogboni, che nel 1809 aveva attaccato le fazendas e liberato gli schiavi, e l’insurrezione del quilombo Urubu del 1826, che riuscì ad occupare quasi tutto il centro di Salvador de Bahia. La rivolta dei malês si colloca in un contesto in cui agli schiavi musulmani era negata qualsiasi possibilità di miglioramento dello status sociale e delle condizioni di vita. Lo storico José Reis, autore del libro Rebelião escrava no Brasil: a história do levante do Malês, evidenzia che i moti di protesta ebbero una forte eco non solo in Brasile (e in particolare a Rio de Janeiro, allora una tra le città più schiaviste delle Americhe), ma anche a livello internazionale, per questo la repressione fu così violenta e molti malês furono deportati, in ossequio ad una legge speciale d’emergenza varata sul momento dalle istituzioni bahiane. Buona parte dei rivoltosi deportati si stabilirono nel Golfo del Benin, dove recuperarono la propria libertà e decisero di gettare le basi per tornare in Brasile: si trattava dei cosiddetti retornados, che ispirarono l’antropologo Milton Guran per il libro Agudás: o brasileiros do Benin. I discendenti degli antichi schiavi musulmani che tornarono in Africa avevano assunto nomi tipicamente brasiliani, quali Souza, Santos e Silva, festeggiavano il Carnevale e il Nosso Senhor do Bonfim. I circa 1500 malês che dettero origine alla sollevazione non erano esclusivamente schiavi: una parte di loro, per quanto numericamente esigua, conduceva delle piccole attività in proprio nei settori del commercio, della falegnameria e dell’artigianato, ma la pelle nera e la religione islamica rendevano i malês oggetto di pesanti discriminazioni. Il piano della rivolta prevedeva l’uscita dei malês dal quartiere bahiano di Vitória per riunirsi con gli schiavi musulmani provenienti dagli altri bairros della città, invadere le fazendas, liberare gli schiavi e procurarsi le armi per poter combattere. I dettagli del piano, che tra le tecniche di lotta prevedevano anche la capoeira, erano redatti completamente in arabo, ma fu una donna a tradire i malês svelando il piano alle autorità bahiane. Repressa la rivolta, ai musulmani fu vietato di uscire durante la notte per le strade di Salvador di Bahia e di svolgere le loro cerimonie religiose, ma i moti popolari dei malês servirono a dimostrare la loro capacità di mobilitazione e ribellione nei confronti delle elites e del monarca Pedro II in quel periodo storico che in Brasile è conosciuto come Regência. La Revolta do Malês potrebbe presto essere raccontata anche al cinema. Il regista bahiano Antônio Pitanga da tempo sta progettando un film dedicato alla sollevazione dei malês, da lui ritenuta uno degli eventi più significativi della storia brasiliano, ma ancora poco nota tra la popolazione.

Nonostante un esito tragico la La Revolta do Malês rappresenta un episodio significativo della luta negra per conquistare delle migliori condizioni di vita, quelle per le quali ancora oggi lottano gli afrodiscendenti, circondati da un razzismo nemmeno troppo strisciante, per affermare il rispetto della consciência negra contro il lavoro schiavo nel quasi totale disinteresse delle istituzioni democratiche.

(Fonte: David Lifodi “La Bottega Del Barbieri”)

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