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Portogallo, Il popolo di Marinha Grande

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Il 18 Gennaio 1934, la classe operaia e il popolo di Marinha Grande presero il potere nel paese.

Alle prime ore dell’alba, le Poste e la sede della GNR (Guarda Nacional Republicana, ndt) sono state occupate e i loro accessi bloccati. È stata eretta la bandiera rossa e decretato il soviet. Ma, al contrario di quello che speravano gli organizzatori della rivolta, questo stesso gesto non si è ripetuto nel resto del Paese e il movimento è stato facilmente schiacciato dalla repressione fascista. Malgrado la sconfitta, la rivolta degli operai di Marinha Grande rimane un esempio esaltante dell’eroismo della classe operaia portoghese anche ai giorni nostri.

All’inizio del 1934 si è assistito all’entrata in vigore dello Statuto Nazionale del Lavoro, che proibiva i sindacati liberi. Redatto sullo stile della Carta del Lavoro di Mussolini, il documento portoghese prevedeva anche la creazione di nuove organizzazioni – i sindacati nazionali – asserviti alla struttura corporativa.

Per contrastare questo ulteriore passo verso la costruzione di uno Stato fascista in Portogallo, le organizzazioni sindacali di ispirazione anarco-sindacalista, organizzarono per il 18 di Gennaio 1934 uno sciopero generale dalle caratteristiche insurrezionali al fine di rovesciare il governo di Salazar. In alcune località gli scioperi e le manifestazioni furono facilmente contrastate dalle forze repressive. Nella maggior parte dei luoghi, lo sciopero generale rivoluzionario resistette per poco alle azioni di sabotaggio e nel confronto con la polizia. Bento Gonçalves, l’allora segretario generale del PCP, definiva la fallita rivolta «pura anarqueirada».

Il popolo prese il potere.

A Marinha Grande, però, le cose andarono diversamente e gli obiettivi dell’insurrezione furono portati a termine, anche se solo per poche ore. Nel secondo numero della pubblicazione “O Proletario”, l’organo della CIS – Commissione Inter-Sindacale, pubblicato nella metà del 1934, fu inserita un’intervista a «uno dei dirigenti del Partito Comunista e del Sindacato Rosso delle Imprese del Vetro di Marinha Grande», coinvolto nella rivolta, dove si racconta tutto quello che è successo.

Alle due di mattina del giorno 18, racconta il dirigente, «abbiamo predisposto la distribuzione delle nostre forze d’urto. Tutto è stato svolto in modo organizzato. I nostri compagni potevano essere riconosciuti grazie ad un fazzoletto rosso sul braccio con falce e martello. Un gruppo numeroso si è occupato di tagliare le comunicazioni. Allo stesso tempo altri tre gruppi hanno occupato i Palazzi del Consiglio, la stazione telegrafica e il quartiere generale della GNR. Le armi che avevamo a disposizione consistevano in quello che eravamo riusciti a recuperare: alcuni fucili da caccia, due pistole e cinque bombe».

La resistenza dei fascisti si limitò al posto di guardia. Ma in quel momento già tutti gli altri punti strategici del paese erano in mano ai rivoltosi e «tutta la classe operaia di Marinha Grande occupava la strada, appoggiando i pochi uomini armati su cui potevamo contare». Due ore di accerchiamento e sparatoria furono sufficienti per sconfiggere la resistenza della polizia che finì per arrendersi. «Alle cinque di mattina tutta Marinha Grande era nelle mani del proletariato e migliaia di lavoratori percorrevano le strade festeggiando la vittoria del nostro Partito».

Repressione e resistenza

Senza esiti similari nel resto del Paese, gli operai di Marinha Grande, isolati, hanno visto rivolgersi contro tutta la furia repressiva del governo fascista. Secondo il dirigente intervistato «il governo ci attaccò con l’artiglieria, la cavalleria, la fanteria, le mitragliatrici e perfino con un aereo che volava sopra la città per regolare il tiro dell’artiglieria».

I lavoratori organizzarono una ritirata nella pineta. Alle undici di mattina, Marinha Grande era definitivamente presa dalla truppa, che cominciò a setacciare tutto il paese, casa per casa, alla ricerca degli organizzatori della rivolta. La reazione del governo di Salazar, in particolare a Marinha Grande, è stata di grande violenza e abuso. Molti operai furono arrestati e deportati. Nell’insieme, le condanne oltrepassarono i 250 anni di prigione.

António Guerra e Augusto Costa morirono nel Tarrafal e Francisco da Cruz non resistette alle condizioni carcerarie.

(Fonte: Resistenza.org)

 

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