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Movimento antinucleare. Avanti a sinistra

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Avevamo scommesso sulle azioni del movimento ambientalista-antinucleare.

Il grado di diffusione e di interessi particolari acquisiti, di cui è testimonianza questa prima parte del1’86, ci danno la conferma che la strada intravista è quella giusta. Permangono tuttora cristallizzazioni e scorie ideologiche. Per un verso residuo di un recente passato che aveva disinvoltamente liquidato come aclassista la lotta ambientalistica antinucleare, e che la rincorre oggi più per necessità di battaglia politica che per scelta strategica quale essa è. Per un altro, riproposta di discriminanti verso sinistra da parte dell’ala ecologista filoparlamentare che, esaltata in questa circostanza al di là della sua effettiva sostanza, tenta una sua definitiva legittimazione istituzionale cavalcando il movimento, limitandone la sua portata e la sua valenza antistituzionale.

L’ulteriore scommessa sta nella capacità della sinistra di agire indicando i successivi obiettivi da raggiungere senza distaccarsi dal processo di maturazione di sempre più larghe masse, le ultime giunte al movimento sotto l’effetto della paura Chernobyl. Paura che va tradotta in coscienza attraverso percorsi di maturazione che hanno tempi propri, e che improvvisate accelerazioni, possono far regredire.

Insomma, il movimento potrà connotarsi a sinistra, se la sinistra ragionando di testa propria agisce col metodo Unità e Lotta con le altre componenti del movimento; va comunque evitato l’errore di separarsi dal movimento prima che questo sia tale, prima di aver raggiunto lo scopo su cui questo si fonda.

Il rinato movimento fonda la esistenza sul No al Nucleare. Questo obiettivo è anche il nostro ma non l’unico; molte sono le strade e i tempi per raggiungerlo. Può darsi che tutte contribuiscano allo scopo; lasciateci però pensare che alcune sono subdole, altre son opzioni di ricambio, altre ancora sono genuine.

Il referendum abrogativo non è risolutivo perché non chiude definitivamente la partita col nucleare, (non può per le stessi leggi vigenti), è solo il segnale positivo della disponibilità della gente a chiudere la partita. Lo scopo poi è diverso per ciascuna forza propositrice.

Per limitarsi alle più “grandi”, nel­la Circolare TM/RA del 14/5/86 di Dp a tutte le Federazioni, indicante i termini politici e tecnici della campagna Referendum si legge: “moltiplicare l’impatto esterno, nonché accrescere il livello di egemonia delle altre forze promotrici, i cui progetti politici di fondo, anche all’interno dell’ipotesi referendaria sono diversi dai nostri”.

Quanto ai radicali, lo scopo sono tutti i Referendum, dalla caccia, alla giustizia, al nucleare …, ma guai a parlare del nucleare di guerra, delle alleanze d’Italia, dell’autodeterminazione dei popoli!

Per la Fgci è la definitiva sanzione alla patente verde, oltre che sponda per la lotta interna al gruppo dirigente del Pci.

Il Referendum Consultivo· varato in tutta fretta dalla direzione del Pci all’indomani di Chernobyl è innanzitutto una misura di equilibrio interna al partito che così facendo salva la faccia alla sua dirigenza filonucleare, ed alla Cgil (ai confederali) ultra-nucleare. Di più, esso potrebbe rivelarsi la strada da percorrere per tutta la borghesia, compresa dunque la banda dell’atomo, per pagare il prezzo minore; tra l’altro bandito prima di quello abrogativo è di fatto uno scippo politico dell’altro.

Le forze più tipicamente ambientalistiche e verdi sono una pallida figura · di quelle nord europee. Tra queste e i tedeschi, c’è ad esempio l’abisso di rifiutare sistematica­ mente il confronto con il problema vero, cioè le centrali in servizio e i cantieri di costruzione. Questo nuovo movimento può essere per loro il veicolo comodo di una prossima rappresentanza parlamentare.

Gli autonomi sono la parte più genuina, più frettolosa di conquistare l’obiettivo avendo più volte sperimentato di cosa è capace il ceto politico, a cui non piacciono i movimenti. Su di loro si scaricano sempre i fulmini, abusando di luoghi comuni propri ed impropri del recente passato, per coprire i compromessi consumati tra i maggiorenti del movimento e le istituzioni e ritardare così la presa di coscienza della spontaneità della gente.

La sinistra del movimento si trova di fronte alla posizione del Pci, o meglio di una parte di esso che all’indomani di Chernobyl nei congressi regionali, ribaltando il voto del Congresso, ha votato in Lombardia per la chiusura dì Caorso; in Piemonte per il blocco di Trino, in Toscana per il blocco di Montalto e del Pec (e per la “solita” nuova indagine sul raddoppio di Piombino); in Puglia contro l’insediamento nucleare, per il blocco di Cerano; nel Lazio per la “ormai abusata” chiusura di Latina e del Cirene, contro il raddoppio dì Montalto (ma non per il blocco di Montalto!). Per esser vero questo Pci andrà visto alla prova degli amministratori e dei militanti. I loro voti. a livello dei consigli e giunte regionali, provinciali e comunali contro gli insediamenti, per il blocco dei cantieri, per la chiusura delle centrali, per il ritiro delle licenze, per il divieto ai rilevamenti; la protesta dei militanti davanti e dentro i cantieri di Montalto, Pec, etc., lo scontro coi sindacalisti in­calliti di progressismo nucleare e clientelismo occupazionale.

Questa nuova fase può preoccupare solo chi non ha gambe né argomenti e ripone la sua azione solo nella rissa.

Bisogna capire che si è aperta una nuova crisi nel Pci che spetta al movimento che l’ha prodotta approfondirla, affinché non sia limitata alle sole centrali nucleari, bensì ai rapporti economico-produttivi, al sistema di vita, di alimentazione, al militare che sottende il nucleare; alla Nato, alla scienza e cultura ufficiale di cui il Pci ospita numerose “teste d’uovo” nel Comitato Centrale. Queste ed altre le nostre argomentazioni e i terreni d’azione per spingere a fondo la crisi nel Pci.

Non sempre si potrà mantenere la calma di fronte ai nuovi sabotatori del Pci, soprattutto nei confronti di figure già distintesi per le repressioni nei confronti delle precedenti stagioni di lotta. Ove possibile vanno però evitate le polemiche e le rappresentazioni formali che rischiano di essere controproducenti e spesso non capite da chi non ha un passato e si mobilita oggi per la prima volta.

Dobbiamo spostare l’eventuale polemica e rissa su obiettivi concreti, semplici, alla portata di tutti, contro l’insieme della banda dell’atomo.

La rappresentazione della sinistra, l’immagine autonoma, va data coi/nei fatti per diminuire concretamente lo spazio che separa l’abolizione delle produzioni nucleari e rafforzare i presidi popolari che costringeranno il potere alla sconfitta.

L’immagine autonoma deve poter essere riconoscibile dai fatti che promuove e che realizza in opposizione alle chiacchiere, alle passeggiate degli opportunisti palesi e nascosti dell’oratorio verde e antinucleare.

Il dramma di Chernobyl, la radioattività che continuerà ad incombere, il razionamento dei viveri, l’impossibilità di conoscere quanti radionuclidi passano nel ciclo dell’alimentazione e della riproduzione, il dramma delle donne che domandano se devono abortire e possono procreare, il pericolo che grava sui bimbi appena nati, devono spingere il movimento a presentare i conti sin dentro i reticolati, i cancelli della peste nucleare. Superare le barriere artificiose i fili spinati, frapposti alla popolazione per non metterla a conoscenza dei pericoli mortali che su di essa incombono non è estremismo, è un dovere naturale a cui nessuno può sottrarsi, soprattutto per coloro che sanno più della media e lo documentano nelle assemblee.

Nessuno potrà rimproverarci per aver agito a fini di bene, in stato di necessità per la salvezza delle attuali e future generazioni.

L’unica condanna di cui dovremo temere sarà quella decretata dalle future generazioni, nei nostri con­ fronti, per non aver fermato la banda dell’atomo quando si era ancora in tempo!

 

Fonte: Rosso vivo n. 7 – giugno 1986

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