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Carlo Cafiero e Karl Marx

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“Carlo Cafiero è stato un anarchico italiano nato a Barletta il 1° settembre 1846.

Durante i suoi lunghi mesi di prigionia per aver preso parte ai moti insurrezionalisti contro il Regno d’Italia nell’aprile del 1877 ha elaborato un manoscritto del Capitale di Karl Marx, e che esce nella Biblioteca socialista nel luglio del 1879.

Cafiero ne invia due copie a Marx con una lettera di accompagnamento cui Marx risponde con benevoli apprezzamenti del lavoro, lodandone l’efficacia divulgativa e testimoniando quindi elogio di un lavoro di sintesi fatto su un’opera così complessa e articolata; lamentando solo che nella prefazione non sia stata sufficientemente lumeggiata “la prova che le condizioni materiali necessarie alla emancipazione del proletariato sono spontaneamente generate dallo sviluppo della produzione capitalista”.

 

Compendio del Capitale libro I di Karl Marx

 

I – MERCE, MONETA, RICCHEZZA E CAPITALE

 

II – COME NASCE IL CAPITALE

 

III – LA GIORNATA DI LAVORO

 

IV – IL PLUSVALORE RELATIVO

 

V – COOPERAZIONE

 

VI – DIVISIONE DEL LAVORO E MANIFATTURA

 

VII – MACCHINE E GRANDE INDUSTRIA

 

VIII – IL SALARIO

 

IX – ACCUMULAZIONE DEL CAPITALE

 

X – L’ACCUMULAZIONE PRIMITIVA

 

Riportiamo il testo integrale della lettera di ringraziamento dello stesso Carlo Marx a Carlo Cafiero nel luglio del 1879 dopo aver ricevuto due copie del compendio del Capitale.

 

“Caro Carlo Cafiero,

Ringraziamenti sincerissimi per i due esemplari del vostro lavoro! Tempo fa ricevetti due lavori simili, l’uno scritto in serbo, l’altro in inglese (pubblicato negli Stati Uniti), ma peccano l’uno e l’altro, volendo dare un riassunto succinto e popolare del Capitale e attaccandosi, nel contempo, troppo pedantemente alla forma scientifica della trattazione. In tal modo, essi mi sembrano mancare più o meno al loro scopo principale: quello di impressionare il pubblico al quale i riassunti sono destinati. Ed è qui la grande superiorità del vostro lavoro.

Quanto poi al concetto delle cose, io credo di non ingannarmi attribuendo alle considerazioni esposte nella vostra prefazione una lacuna, e cioè la prova che le condizioni materiali necessarie alla emancipazione del proletariato sono spontaneamente generate dallo sviluppo dello sfruttamento capitalista. Del resto, io sono del vostro avviso (se ho bene interpretato la vostra prefazione) che non bisogna sovraccaricare lo spirito di coloro che si vuole educare. Niente vi impedirà di ritornare, a tempo opportuno, alla carica per fare risaltare ancor meglio codesta base materialista del Capitale.

Rinnovando i miei ringraziamenti, sono vostro dev.mo

Karl Marx

 

L’Operaio ha fatto tutto,

l’Operaio può distruggere tutto”

 

Il Capitale di Carlo Marx

Brevemente compendiato da Carlo Cafiero

Prefazione di Carlo Cafiero

Italia, marzo 1878

 

Un profondo sentimento di tristezza mi ha colto, studiando Il Capitale, quando ho pensato che questo libro era, e chi sa quanto rimarrebbe ancora, affatto sconosciuto in Italia.

Ma se ciò è, ho poi detto fra me, vuol dire che il mio dovere è appunto di adoperarmi a tutt’uomo, onde ciò più non sia. E che fare? Una traduzione? Ohibò. Ciò non servirebbe a nulla. Coloro che sono in grado di comprendere l’opera di Marx, tale quale egli l’ha scritta, conoscono certamente il francese, e possono avvalersi della bella traduzione di J. Roy, interamente riveduta dall’autore, il quale la dice meritevole di essere consultata anche da coloro che conoscono l’idioma tedesco. È ben altra la gente per la quale io devo lavorare. Essa si divide in tre categorie: la prima si compone di lavoratori dotati d’intelligenza e di una certa istruzione; la seconda, di giovani che sono usciti dalla borghesia, e hanno sposata la causa del lavoro, ma che non hanno peranco né un corredo di studi né uno sviluppo intellettuale sufficiente per comprendere Il Capitale nel suo testo originale; la terza, finalmente, di quella prima gioventù delle scuole, dal cuore ancora vergine, che può paragonarsi a un bel vivaio di piante ancora tenere, ma che daranno i più buoni frutti, se trapiantate in terreno propizio. Il mio lavoro deve essere dunque un facile e breve compendio del libro di Marx.

Questo libro rappresenta il nuovo vero, che demolisce, stritola e disperde ai venti tutto un secolare edificio di errori e di menzogne. Esso è tutta una guerra. Una guerra gloriosa, e per la potenza del nemico, e per la potenza, ancora più grande, del capitano, che l’intraprendeva con sì grande quantità di nuovissime armi, di istrumenti e macchine di ogni sorta, che il suo genio aveva saputo ritrarre da tutte le scienze moderne.

Di gran lunga più ristretto e modesto è il compito mio. Io devo solamente guidare una turba di volenterosi seguaci per la strada più facile e breve al tempio del capitale; e là demolire quel dio, onde tutti possano vedere con i propri occhi e toccare con le proprie mani gli elementi dei quali esso si compone; e strappare le vesti ai sacerdoti, affinché tutti possano vedere le nascoste macchie di sangue umano, e le crudelissime armi, con le quali essi vanno, ogni giorno, immolando un sempre crescente numero di vittime.

E in questi propositi che mi accingo all’opera. Possa frattanto Marx adempire la sua promessa, dandoci il secondo volume del Capitale, che tratterà della Circolazione del Capitale (libro II), e delle forme diverse che riveste nel corso del suo sviluppo (libro III), e il quarto e ultimo volume che esporrà la Storia della teoria.

Questo primo libro del Capitale, scritto originalmente in tedesco e poscia tradotto in russo e in francese, è ora brevemente compendiato in italiano nell’interesse della causa del lavoro. Lo leggano i lavoratori e lo meditino attentamente perché in esso si contiene non solamente la storia dello Sviluppo della produzione capitalista, ma eziandio il Martirologio del lavoratore.

E finalmente, farò anche appello a una classe altamente interessata nel fatto della accumulazione capitalista, alla classe cioè dei piccoli proprietari. Come va che questa classe, un giorno tanto numerosa in Italia, oggi si va sempre più restringendo? La ragione è molto semplice. Perché dal 1860 l’Italia si è messa a percorrere con più alacrità il cammino, che devono necessariamente percorrere tutte le nazioni moderne; il cammino che mena all’accumulazione capitalistica, la quale ha in Inghilterra raggiunta quella forma classica, che cerca di raggiungere in Italia come in ogni altro paese moderno. Meditino i piccoli proprietari sulle pagine della storia d’Inghilterra riportate in questo libro, meditino sull’accumulazione capitalista, accresciuta in Italia dalle usurpazioni dei grandi proprietari e dalla liquidazione dei beni ecclesiastici e dei beni demaniali, scuotano il torpore che opprime loro la mente e il cuore, e si persuadano una buona volta che la loro causa è la causa dei lavoratori, perché essi saranno inevitabilmente ridotti tutti, dalla moderna accumulazione capitalista, alla trista condizione: o vendersi al governo per la pagnotta, o scomparire per sempre fra le dense file del proletariato.

 

Carlo Cafiero

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