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Scomunica della Chiesa per i comunisti

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La scomunica ai comunisti è il nome con cui è conosciuto a livello popolare un decreto della Congregazione del Sant’Uffizio pubblicato il 1º luglio 1949. Approvato da Papa Pio XII, il decreto dichiarava illecita, a detta della Congregazione, l’iscrizione al Partito Comunista, nonché ogni forma di appoggio ad esso. La Congregazione dichiarava inoltre che coloro che professavano la dottrina comunista erano da ritenere apostati, quindi incorrevano nella scomunica.

Pubblichiamo un testo trovato in rete di un “tifoso” di questa scomunica, che la spiega “molto bene”.

Molti non sanno che in pieno post dopoguerra, il 1° luglio 1949, la Congregazione del Sant’Uffizio, ora chiamata Congregazione per la Dottrina della Fede, pubblicò un decreto che destò interesse e solidarietà popolare, conosciuto come “Scomunica ai comunisti”: con esso la Chiesa Cattolica prendeva esplicitamente e categoricamente le distanze dall’ideologia comunista che, ahimé, stava cominciando a trovare numerosi sostenitori nelle file dei disobbedienti precursori del laicismo “cattoprogressista”. Formalmente, secondo il Diritto Canonico, non si tratta di una scomunica data dalla Santa Sede di propria spontanea e irrazionale iniziativa, ma della dichiarazione ufficiale che i cristiani, ovvero i battezzati in Cristo, che professano, difendono e propagano la dottrina comunista si trovano “ipso facto” in situazione di scomunica, perché aderendo ad una filosofia atea, immorale, materialistica e anticristiana sono diventati apostati della Fede. …

… E’ fondamentale sapere che, pur essendo passati tanti anni, di fatto questo atto di scomunica non risulta ancora essere estinto totalmente ed esplicitamente. Per meglio espletare l’aperto divieto posto ai Cattolici nel mondo dal successore di Pietro, riporto integralmente il decreto del 1949 nel suo testo completo:

Il Decreto in questione fu scritto, come la tradizione conviene, in latino; questa è la sua traduzione integrale, che comincia con una domanda proposta dai Cattolici alla Congregazione del Sant’Uffizio: È stato chiesto a questa Suprema Sacra Congregazione: 1) Se sia lecito iscriversi al partito comunista o sostenerlo; 2) Se sia lecito stampare, divulgare o leggere libri, riviste, giornali o volantini che appoggino la dottrina o l’opera dei comunisti, o scrivere per essi; 3) Se possano essere ammessi ai Sacramenti i cristiani che consapevolmente e liberamente hanno compiuto quanto scritto nei numeri 1 e 2; 4) Se i cristiani che professano la dottrina comunista materialista e anticristiana, e soprattutto coloro che la difendono e la propagano, incorrano “ipso facto” nella scomunica riservata alla Sede Apostolica, in quanto apostati della fede cattolica.

Gli Eminentissimi e Reverendissimi Padri preposti alla tutela della fede e della morale, avuto il voto dei Consultori, nella riunione plenaria del 28 giugno 1949 risposero esplicitamente e senza indugiare decretando: 1) Negativo: infatti il comunismo è materialista e anticristiano; i capi comunisti, sebbene a volte sostengano a parole di non essere contrari alla Religione, di fatto sia nella dottrina sia nelle azioni si dimostrano ostili a Dio, alla vera Religione e alla Chiesa di Cristo; 2) Negativo: è proibito dal diritto stesso (cfr. canone 1399 del Codice di Diritto Canonico); 3) Negativo, secondo i normali princìpi di negare i Sacramenti a coloro che non siano ben disposti; 4) Affermativo.

Successivamente, per meglio rafforzare il succitato Decreto, il giorno 30 dello stesso mese ed anno il Papa Pio XII, nella usuale udienza all’Assessore del Sant’Uffizio, approvò la decisione dei Padri e ordinò di promulgarla nel commentario ufficiale degli Acta Apostolicae Sedis. (Decretum, 1 luglio 1949).

A scanso di equivoci, inoltre, è bene ricordare che la Chiesa si preoccupò bene anche di fornire la corretta e pubblica interpretazione del Decreto. Come sempre, difatti, i testi magisteriali devono essere interpretati per evitare relativiste e razionaliste applicazioni “di fatto” che mirano a minare i capisaldi della Fede e propendono all’apostasia spicciola, pseudo buonista, disobbediente e blasfema. Di questo decreto fu data un’interpretazione estensiva: secondo il tenore verbale del testo, tutte le persone che aderiscono al partito comunista, siano essi responsabili dell’organizzazione o semplici operai, devono essere considerati apostati, dunque di conseguenza scomunicati “ipso facto” ed esclusi dai sacramenti. Per terzi, in parte permeati di ideologie progressiste ed atee, è possibile un’interpretazione restrittiva e, a mio avviso, errata ed anticattolica; essi, difatti, sostengono che rientrano nell’ambito del decreto solo quelle persone che vivono l’appartenenza al comunismo come un vero atto di negazione della propria fede, come un esplicito rifiuto di essa, mentre ne restano esclusi tutti coloro che, pur aderendo al comunismo per una tutela dei propri diritti di lavoratori (operai, braccianti…), non rinnegano con ciò la propria fede.

Mediante un avviso sacro, nel 1949, in diverse parti d’Italia il decreto del Sant’Uffizio venne reso pubblico attraverso la stampa e l’affissione di manifesti, che presentavano i punti salienti della scomunica. Un pratico esempio di questi manifesti è il seguente: Avviso Sacro. Fa peccato grave e non può essere assolto. 1) Chi è iscritto al Partito Comunista. 2) Chi ne fa propaganda in qualsiasi modo. 3) Chi vota per esso e per i suoi candidati. 4) Chi scrive, legge e diffonde la stampa comunista. 5) Chi rimane nelle organizzazioni comuniste: Camera del Lavoro, Federterra, CGIL, UDI, API, ecc… È, inoltre, scomunicato e apostata: Chi, iscritto al Partito Comunista, ne accetta la dottrina atea e anticristiana; chi la difende e chi la diffonde. Queste sanzioni sono estese anche a quei partiti che fanno causa comune con il comunismo.

Il 28 giugno 1949 seguì a tal proposito un successivo Decreto del Sant’Uffizio, con finalità informative, contenente tra gli altri anche il seguente ammonimento: “Chi in confessione tace tali colpe fa sacrilegio: può invece essere assolto chi sinceramente pentito rinuncia alle sue false posizioni”. Il “dubbio” del 1959: La stessa congregazione del Sant’Uffizio pubblicò dieci anni più tardi, il 4 aprile 1959, un “Dubium”, con il fine di chiarire il senso e la portata del trascorso decreto, adeguandolo cattolicamente alle variate condizioni politiche. Anche questo “spiccio” testo è steso in lingua latina e questa è una sua traduzione integrale: “È stato chiesto a questa Suprema Sacra Congregazione se sia lecito ai cittadini cattolici dare il proprio voto durante le elezioni a quei partiti o candidati che, pur non professando princìpi contrari alla dottrina cattolica o anzi assumendo il nome cristiano, tuttavia nei fatti si associano ai comunisti e con il proprio comportamento li aiutano”. 25 marzo 1959 – I Cardinali preposti alla tutela della fede e della morale risposero decretando: negativo, a norma del Decreto del Sant’Uffizio del 1/7/1949, numero 1. Il giorno 2 aprile dello stesso anno il Papa Giovanni XXIII, nell’udienza al Pro-Segretario del Santo Ufficio, approvò la decisione dei Padri e ne ordinò la pubblicazione ufficiale (Dubium, 4 aprile 1959).

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