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Cattivi maestri, buoni consigli. #0. Preambolo

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Passata la sbornia del centenario dell’Ottobre (fine delle trasmissioni) ci sono (ri)capitati tra le mani due libretti a loro modo importanti. Su Lenin. Ancora. Un libro del ’24 del giovane Lukács (1) e le lezioni di Negri del 1972/73 a Padova (2). La lettura è un esercizio speciale: è una ricerca e allo stesso tempo un’esplorazione guidata. Abbiamo orientato un cammino in queste letture scoprendo ancora, come misura del nostro passo, quel movimento di riduzione fondamentale del leninismo: fare della traccia marxiana un sentiero per la lotta di classe. Una banalità? Mai del tutto. Abusando di ogni correttezza filologica, sia nei confronti dei due libri in questione sia, soprattutto, nei confronti di Lenin, ci siamo permessi di affrontare, saccheggiando qua e là alcuni frammenti di pensiero, alcuni temi per noi ineludibili dell’ambizione a riunirsi, incontrarsi, a battersi e progettare assieme per altri fini. No, non ci sono certezze che vengono restaurate; siamo pur sempre nella traiettoria di una crisi. Quella che segue è la giusta premessa a riguardo.

 

Il manifesto del partito comunista racconta di uno spettro; “si aggira per l’Europa…”. I fantasmi ci ossessionano. In un certo senso, in questo anno di ricorrenze ingombranti (2017, 1977…), si presentano le occasioni per tornare sulle tracce di ciò che, pur presente, si nasconde. Il rapporto latente, immanente a una dinamica storica di sviluppo: lo sfruttamento e la resistenza (spettrale) a questo. Marx stesso parlava di un carattere di feticcio della merce e del suo arcano.
Quale arcano cerchiamo cent’anni dopo l’Ottobre?

È questa la prima domanda fondamentale, di quelle che rievocano un qualche spettro. Ci torneremo, ma intanto bandiamo alcuni equivoci possibili: restiamo allergici alle celebrazioni… bandiere rosse al vento e quelle cose lì. Siamo i figli di nessuno, di nessuno nella tradizione ufficiale del movimento operaio, quelli che hanno continuato a intestarsi un’eresia contro le versioni ufficiali del dogma comunista proclamate da un autoproclamatosi movimento storico della classe e contro i suoi rappresentanti. Di nuovo, a noi ha sempre interessato di più il fantasma dietro le forme organizzate, manifeste ed esplicite del nostro movimento.

Non c’è una presenza dietro la “sottigliezza metafisica” della merce. Un essere vero occultato dalle forme di un ente corrotto e mistificato. Si dispone sempre di un’ontologia certo: nel linguaggio, in ciò che in esso vi è sedimentato, nell’esperienza e nel suo vissuto storico. Marx si calò in un mondo di spettri ma siamo poco interessati a perderci nel loro doppio, nei tanti post- che vorrebbero condannarci ai simulacri, alla ricerca di una presenza intangibile che è apparenza o apparizione. Una metafisica della presenza è per noi inservibile. Lo spettro del comunismo al contrario pone la questione del rapporto che presiede alla produzione di realtà come relazione conflittuale che la infesta e la minaccia nella sua forma attuale. Un buon indagatore dell’incubo all’inizio degli anni ’90 spese parole preziose a riguardo (3).

Quale arcano cerchiamo allora cent’anni dopo? Non il dogma, non la dottrina, non l’ideologia, ma i passaggi, i salti, le discontinuità di un pensiero proletario dell’autonegazione nello scontro di classe.

Il fantasma dietro la storia non è altro che la determinazione concreta del soggetto proletario organizzato nel movimento che tende alla sovversione e al rovesciamento dei rapporti che lo definiscono in quanto tale. C’è nella forma in cui non è ancora e per quella in cui non sarà più. Spettralità.
Non i dogmi, non la dottrina, non l’ideologia:

“il marxismo è la continuità reale di un soggetto che propone istanza sovversiva con continuità del suo essere: solo a queste condizioni la teoria diviene potenza materiale. Di qui la continuità del marxismo in quanto negazione dell’ideologia: mai continuità semplicemente teorica, mai filiazione, ma sempre rottura e rinnovamento delle ipotesi politiche a confronto delle necessità, delle esigenze, delle nuove qualificazioni che il soggetto rivoluzionario presenta”(4)

Fare emergere una forza storica, organizzarcisi come soggetto. Non c’è pensiero rivoluzionario senza pensiero del soggetto rivoluzionario, senza soggetto proletario. Un punto fermo e un’altra domanda.
Un primo elemento guadagnato: l’arcano lo cerchiamo nella tensione alla classe come referente del nostro pensiero e del nostro agire, la tensione alla determinazione concreta del soggetto proletario dentro lo sviluppo di una dialettica antagonista tra capitale e sfruttamento del lavoro vivo.

Un’altra domanda: perché rivolgerci a Lenin? 

Nella tradizione marxiana il contributo del pensiero leninista applica la scienza marxista su una determinazione specifica e storica del soggetto proletario, “rende la scienza espressione del soggetto operaio”(5). Questa è la “riduzione fondamentale che Lenin opera e impone alla scienza marxista a lui contemporanea: vincere questa battaglia è stato appunto costruire il partito bolscevico e determinare la rivoluzione d’Ottobre”(6).

Quindi, più che della memoria e della celebrazione del mito, siamo alla ricerca di un pensiero in grado di fornire strumenti per la determinazione concreta degli ambiti proletari dell’oggi, per quanto questi siano crudi, per quanto si rinnovi oggi ancor più intricata la trama che nasconde l’arcano di questi ambiti. Ciò che di Lenin ci serve è per l’appunto questo lavoro di riduzione il quale sempre smentisce il bolscevismo come modello assoluto di per sé trasferibile (cambia la determinazione storica degli ambiti proletari, il loro grado e intensità di sussunzione al capitale) e sempre lo conferma come metodo dell’attualità della rivoluzione, della contemporaneità del suo problema. Ciò che cerchiamo è qualcosa di utile per noi, come militanti del nostro tempo, di questo qui e ora.

Cento anni dopo ci rapportiamo al tema dell’attualità della rivoluzione proletaria nel tempo dell’apparente scomparsa del soggetto della rivoluzione. Storia di spettri e ricerca di un arcano, si diceva. Non un paradosso. Manca il movimento, nella sua forma autonoma di movimento organizzato della classe con fini autonomi, ma non manca un pensiero della soggettività materialisticamente fondato.

Non siamo orfani del movimento operaio storico, siamo determinati a consegnare al nostro tempo una storia sua propria. Rievocare il fantasma, farne carne. Tra lo spettro e lo Spirito. Una vecchia questione che non solleveremo; siamo diffidenti verso la trappola metafisica, l’abbiamo detto, ma non basta liquidarla con qualche battuta. Diciamo che ci resta solo questo consiglio che ci consegna l’Ottobre, perché i fantasmi non si possono ammazzare: è possibile essere (ancora) minaccia.

Allo stesso tempo non ci basta seguire il filo fenomenico delle insorgenze planetarie per inferire questa possibilità. Ci sembra questo un vezzo recente di un certo milieu militante in cerca di conforto perché disabituato all’esercizio materialista. Cerchiamo, al contrario, nelle pieghe e nei contrasti dello stesso rapporto che produce la realtà la nostra regola, un modo di stare al mondo per trasformarlo sul progetto della negazione dei suoi fini attuali.

 

***

 

Siamo tornati allora su alcune questioni costituive di un metodo militante e della natura profonda di ciò che orienta quanto facciamo come militanti politici di base. Abbiamo isolato alcuni caratteri-temi cari alle nostre ambizioni, o che tornano per noi. Ancora ossessioni. Per riscriverci:

I attualità della rivoluzione

II autonomia proletaria 

III l’organizzazione nella classe

IV irriducibilità dell’antagonismo

V liquidazione dell’utopismo.

 

È un itinerario di riconoscimento e di approfondimento di un ipotesi di metodo militante, che serve per guardarci allo specchio e per affinare una traiettoria di sviluppo di quello che siamo ora, di quello non siamo ancora, alla ricerca di quello che non saremo più. Anche noi, altri spettri.

In questo preambolo abbiamo parlato a braccio spaziando su tre dimensioni, per fissarle come coordinate di partenza.
Un piano dell’essere. Contro ogni chimera metafisica non abbiamo che questo mondo e ci muoviamo all’altezza dei rapporti conflittuali che lo producono.
Un piano del soggetto. Dentro l’antagonismo che informa la realtà guadagnare fini propri è condizione per un pensiero rivoluzionario.
Un piano della scienza o meglio del metodo. Cerchiamo sempre una regola contro questa realtà.

Siamo vaghi e approssimativi, ce ne rendiamo conto. Ma vogliamo pur iniziare.

 

Ogni settimana aggiorneremo il percorso di un passo. Per un cammino aperto: I, II, III…

 

_____________________

1 G. Lukács, Lenin, Teoria e prassi nella personalità di un rivoluzionario, Einaudi, Torino, 1970.

2 A. Negri, Trentatre lezioni su Lenin, Manifesto libri, Roma, 2004.

3 J. Derrida, Spectres de Marx, Galilée, Paris, 1993.

4 A. Negri, op. Cit., pp. 18-19.

5 Ivi, p. 59.

6 Ivi, p. 19.

 

 

 

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