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Diario di bordo: tracciando nuove rotte

Le isole non son che sogno vano,/Non sono terraferma a cui approdare

Ma trappole errabonde e vanno invano/Per le acque senza fine, con l’inganno:

Diconsi Vaganti, al largo gira, andiamo,/Molti viandanti pria di te vi hanno

Trovato triste morte o grande danno;/Mai più fece ritorno da quel lido

Chi vi ha posato piede/Vagare sempre deve, nel dubbio infido…’

 

Ci sono vascelli che hanno cavalcato le onde, in grado di orientarsi nella notte seguendo le stelle, dentro -e contro- il nuovo mondo della crisi.

Ci sono momenti in cui i vascelli gettano l’ancòra, attendendo nuove mareggiate con le quali salpare.

Questo autunno dai fondali del vischioso mare della precarietà è emersa una nuova forma di energia, arrivando a sollevare la superficie, ma puntando molto più in là.

Un sommovimento multiforme con una netta potenzialità ascensionale, in grado di tracciare una diagonale verso l’alto che dagli abissi squarciasse la superficie del presente, verso direzioni ancora tutte da indagare.

Ci vuole volontà e capacità, qualcuno potrebbe chiamarla virtù, per uscire da cartografie concettuali stantie e reiterate. Purtroppo di fronte alle emersioni alcuni non riescono o vogliono vedere che cicli da chiudere, come se le onde fossero sempre destinate a ricadere frettolosamente in mare.

C’è chi ha paura di perder l’orientamento di fronte alle eccedenze reali; chi teme l’affidarsi ad esse; chi cerca di ricondurre forzosamente le onde entro artificiose ingegnerie per far fare qualche metro in più alla propria piccola imbarcazione.

C’è chi preferisce rimanere legato al fondale con la propria ancòra, cercando di rendere compatibile il moto delle onde, riassorbendole: precipitandosi per esempio da un misero ed inutile Zeus nel suo ancor più misero Olimpo, sottomettendosi ancora una volta alla sua dolce autorità, alla ricerca di chissà quale premonizione o consiglio..

C’è chi preferisce rimanere a difendere la propria posizione, imbarcando Demokrazie, rappresentanze e molti Referendum.

Non avendo nemmeno la dignità del confronto, per quanto duro e polemico esso possa essere.

C’è chi ha deciso di rimanere invischiato nella palude dei tatticismi di un post-moderno mare dal quale non è possibile uscire, dove l’importante è stare attenti a non affogare, e nient’altro.

Si affida a strumenti per una navigazione a vista, spesso vuoti elementi di marketing politico.

Per difendere il proprio vascello c’è chi decide di rinchiudersi nella stiva. Non guardando alla lunghezza e alla direzione dell’onda, quanto alla sua caduta.

Per fortuna, oltre ai vascelli alla deriva, risplendono anche fuochi nel mare, che rendono dolce l’acqua, rarefatti i rumori dal vecchio mondo.

E nuove rotte possibili da tracciare: l’importante non è il vascello, quanto una bussola non soggetta alle perturbazioni contingenti, coraggio per il viaggio, mappe trasnazionali alla mano, e chiaro l’obiettivo.

E potente giunge col vento un’eco dall’altra parte del Mediterraneo: jusqu’a la fin, le battaglie si portano fino in fondo, senza esitazioni.

Questa è la direzione giusta.

Resti pure sui vecchi vascelli chi si accontenta di sguazzare nella miseria della palude al cospetto dei vari Zeus di turno, nuovi vascelli pirati carichi di passione per la trasformazione del reale sono già salpati verso il mare aperto, verso nuove rotte…

 

Dal diario di bordo del capitano Achab

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pubblicato il in Formazionedi redazioneTag correlati:

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