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Il vero volto del sindacato tarantino, la vera forza dei cittadini

Nonostante il caldo opprimente e gli allarmi della questura sulle presunte infiltrazioni di black bloc, già dalle prime ore del mattino le strade e le piazze di una Taranto mai così militarizzata, si riempivano di operai, pescatori, mitilicoltori, negozianti, studenti, disoccupati e semplici cittadini, determinati a non farsi piegare per l’ennesima volta dal ricatto occupazionale, ultimo e sempreverde scudo della famiglia Riva ad ogni richiesta di messa a norma del mostro Ilva.

Due i cortei, imponenti, che hanno attraversato in mattinata la città.

Il primo, indetto dai sindacati confederali Fiom, Film, Uilm, con concentramento al Ponte di pietra, nella Città Vecchia, sfilava ordinato per le vie della città confluendo quindi nella piazza dove era stato allestito il palco da cui avrebbero parlato i segretari confederali, tra cui il contestatissimo Landini.

L’altro corteo, con concentramento all’Arsenale e indetto dal neonato Comitato Operai e Cittadini Liberi e Pensanti, dal sindacalismo di base, dai collettivi studenteschi, dagli ambientalisti e partecipato dalle tante cittadine e cittadini e tante operaie e operai che non volevano saperne di sfilare con chi, per anni aveva svenduto la salute di un’intera popolazione per quattro soldi a padron Riva.

Un corteo numeroso, colorato dai fumogeni, dagli striscioni e dalle bandiere rossoblu degli ultras tarantini, volonteroso di marcare una differenza con la via della mediazione e del capo chino, da sempre bandiera del sindacalismo confederale.

E proprio su questo gli slogan lanciati dal furgoncino volevano insistere: la netta differenza tra una città che non ne vuole più sapere di vedere i propri figli morire dentro e fuori dal mostro Ilva e dagli altri mostri tarantini e che chiede occupazione, diritti e salute, andando a stravolgere completamente il discorso dal piano del ricatto occupazionale a quello dei diritti negati.

Al giungere del corteo nella piazza del palco ecco uscire la vera natura del sindacato, tarantino e nazionale: dal camioncino il comitato chiede la parola, i sindacati rispondono picche e fanno sparire il microfono.

Il corteo decide di rimanere, di conquistarsi il diritto di parlare da quel palco, applaudito e fortificato dalla solidarietà della base sindacale, delusa e frustrata da anni di mediazioni, si alzano i fischi, i cori di “vergogna, vergogna”, lo stesso segretario della Fiom, Landini viene contestato e costretto ad abbandonare il palco.

È a questo punto che gli organizzatori decidono di chiamare la polizia e i carabinieri a difendere un palco ormai diventato espressione di una mortifera minoranza.

Un operaio dell’Ilva prende la parola dal furgoncino, a nome del Comitato e, tra gli applausi generali, spiega le ragioni della protesta ed subito è chiaro che ciò che dice non piace ai segretari sul palco, ma è il pensiero della base, che stanca di sopportare, si ribella ai ricatti.

Concluso l’intervento dal camioncino si dichiara la volontà di abbandonare una piazza in cui nessuno si riconosce per muovere verso altre zone della città.

Il corteo arretra spinto, non solo figurativamente, dalla polizia in antisommossa, che, a camioncino già lontano, decide, improvvisamente e senza ragione, di caricare un folto gruppo di manifestanti rimasti a contestare il comizio, intanto ripreso, ma che andrà avanti solo qualche minuto.

Quindi il Comitato e le altre realtà se ne vanno e della grande giornata rimane una piazza vuota ad ascoltare l’intervento di solidarietà a padron Riva da parte dei sindacati confederali, ennesima insopportabile beffa ai tanti, troppi giovani, anziani, donne e uomini che i fumi della sua Ilva, dono dello stato, si sono portati via.

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