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La tristezza di Giancarlo Caselli in pensione

Dalle parole che l’ex procuratore Giancarlo Caselli scrive sul Fatto Quotidiano di ieri capiamo molte cose. La fine carriera del magistrato  si presenta triste, piena di livore e ossessionata da due cose fondamentalmente: la sua persona e il movimento notav.

Pubblichiamo qui sotto l’articolo dal titolo “Il solito silenzio della zona grigia” dove il pensionato Caselli si lancia nella solita invettiva contro i notav, contro chi li sostiene, contro chi non sostiene lui e il suo santino e il suo amato partito.

Fa anche di più oltre ai soliti paragoni con la lotta armata se la prende anche con il web, con l’informazione dal basso, che evidentemente non lo soddisfa perchè non lo idolatra arrivando a paragonare la rete ai muri dei bagni dicendo “oscenità pubblicate su vari siti web che legittimano la tesi secondo cui questo moderno veicolo di “comunicazione” equivale oggi – in alcuni momenti – alle pareti delle latrine di ieri. ”

Chiude il pezzo con la solita retorica e la solita vanità citando Napolitano che giorni addietro non ha lesinato paragoni tra terrorismo e movimento notav “Per fortuna non ha taciuto il Presidente Napolitano, che il 23 maggio scorso, parlando a una platea di giovani, ha ricordato che il terrorismo è finito, ma bisogna comunque stare attenti a “episodi sinistri”. E li ha esemplificati parlando proprio delle pesanti minacce che il sottoscritto subisce a opera di esponenti No-Tav.”

Ci troviamo di fronte ad un pensionato ossessionato che non ha meglio da fare che guardarsi allo specchio e convivere con i suoi fantasmi e con i suoi incubi, dei quali vive e campa da tempo. Il nostro movimento è fatto da pensionati e pensionate che ancora oggi si battono per la libertà e per quella democrazia che Caselli cita ogni secondo, solo che dai pensionati valsusini avrebbe da imparare molto, potrebbero insegnargli i veri significati di termini usati come rituale, ma non trverebbe nessuno specchio in cui guardarsi perchè se veramente apprendesse qualcosa dalla saggezza dei nostri nonni, poi forse in quello specchio non si guarderebbe più.

ps: a proposito di zone grigie invitiamo a leggere l’inchiesta  La notte del procuratore Piccola controbiografia di Giancarlo Caselli

—–

DEMOCRAZIE
Il solito silenzio della zona grigia
di Gian Carlo Caselli
Da mesi gruppi organizzati di facinorosi attaccano le sedi del Pd a Torino e provincia imbrattandole con scritte di minaccia. Una campagna per impedire ogni forma di dissenso all’opzione No-Tav (in sé legittima, come l’altra favorevole). La “logica” è quella famigerata del “colpirne uno per educarne cento”, essendo evidente che l’intimidazione non è circoscritta agli obiettivi direttamente colpiti. In ogni caso, prendersela con le sedi dei partiti “nemici” (tali nell’ottica di chi non accetta le regole della democrazia) è tipico dello squadrismo, da cui il fascismo derivò mentalità e stile di comportamento. Per fortuna la nostra democrazia – a dispetto dei suoi problemi – è sufficientemente salda. Lo dimostra il fatto che proprio il partito le cui sedi sono state aggredite ha registrato nella provincia di Torino un successo elettorale fra i più alti nel quadro dello “tsunami” nazionale.
Da mesi gruppi di esagitati attaccano l’esercizio della giurisdizione che osi occuparsi di reati ricondotti dall’accusa all’area dell’estremismo No-Tav. Gazzarre fuori e dentro le aule di giustizia, cori, urla, insulti e intimidazioni vengono praticati per creare un clima difficile intorno ai processi ai compagni “ingiustamente perseguitati” (ma questo non è lo stesso cavallo di battaglia di un ex cavaliere?). Il tutto in un contesto di oscenità pubblicate su vari siti web che legittimano la tesi secondo cui questo moderno veicolo di “comunicazione” equivale oggi – in alcuni momenti – alle pareti delle latrine di ieri. Per fortuna anche in questo caso la nostra democrazia dimostra di saper resistere. La magistratura italiana, che ha superato ai tempi delle Br prove ben diverse e ben più dure, certo non si scompone di fronte ai nostalgici tentativi di riesumare una stagione definitivamente tramontata.
DA MESI vengono attaccate in vari modi anche singole persone: politici, giornalisti e magistrati “colpevoli”, agli occhi dell’ala intollerante dei No-Tav, di fare il loro dovere nel proprio campo professionale. Nel mirino c’è anche il sottoscritto, colpevole di “provocazione” (sic) se partecipa a qualche iniziativa pubblica. Per fortuna il tentativo di disturbare o impedire tali iniziative non è quasi mai riuscito, ma solo grazie alle forze di polizia costrette a interporsi per evitare che la violenza verbale (ma non solo) possa sfociare in fatti ancor più gravi. Fanno da cornice le scritte comparse sui muri di Torino e di altre città leggiadramente incentrate su concetti (si fa per dire…) che mi danno del boia o del torturatore; o minacciano di farmi fare la fine di Moro e Ramelli; o profetizzano che avrò i miei Anni 70 e mi ruberanno la salma. Offese e minacce truci, fino ad accusarmi di essere “mafioso”. Per certa gente ero fascista ai tempi delle Br, comunista quand’ero magistrato antimafia e ora sono diventato mafioso. Una stupidità compulsiva, in quanto costretta a rimuovere il fatto storico che fui proprio io a chiedere di esser trasferito da Torino a Palermo per contrastare la mafia dopo le stragi in cui furono massacrati Falcone e Borsellino. Ma è terribilmente italiano (e costante: si tratti di appioppare la falsa etichetta di fascista, di comunista o di mafioso) l’intento di ottenere una giustizia à la carte valida per gli altri ma mai per sé. Per cui dovrebbe essere evidente che la questione va ben oltre i profili personali (innegabilmente sgradevoli), per investire anche principi cardine dell’ordinamento democratico.
DA MESI coloro che si esibiscono nelle performance sopra illustrate profittano anche del silenzio o dell’indulgenza di vari intellettuali. Mai una convinta dissociazione dalla violenza e men che meno una parola di condanna. Su questo versante – come direbbe Marco Travaglio – neppure un plissé. Persino quando (con molotov e bombe carta) si aggrediscono i lavoratori del cantiere di Chiomonte che, come ogni onesto operaio, sono lì a faticare per guadagnarsi la pagnotta. Per contro, ogni tanto i maître à penser lanciano qualche indignato appello contro un preteso “accanimento giudiziario”. Eppure, già Alessandro Galante Garrone insegnava che di fronte acertifattio“polemichevolgarie indecenti, troppo spesso si tace o si finge di non sentire e vedere. Ma la troppa prudenza sconfina a volte nella complicità”.
Per fortuna non ha taciuto il Presidente Napolitano, che il 23 maggio scorso, parlando a una platea di giovani, ha ricordato che il terrorismo è finito, ma bisogna comunque stare attenti a “episodi sinistri”. E li ha esemplificati parlando proprio delle pesanti minacce che il sottoscritto subisce a opera di esponenti No-Tav.

 

Da notav.info

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