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Una vita stretta tra le maglie della legge

La storia di Marcelo è esemplificativa per comprendere le storie di tanti migranti che non accettano la condizione umiliante a cui sono costretti e decidono di lottare.

Marcelo arriva in Italia dall’Ecuador nel 2003 tramite ricongiungimento familiare, raggiungendo la madre che vive a Milano da anni con regolare permesso di soggiorno. Trovato un lavoro a contratto, ottiene un permesso di soggiorno per motivi lavorativi rinnovabile ogni due anni. Nel frattempo consegue il diploma in un liceo e si iscrive all’università. Inizia ad accumulare qualche denuncia per la partecipazione ai cortei studenteschi dell’Onda nell’autunno del 2008 e alle lotte in università, venendo arrestato dopo una contestazione e azione di disturbo ai danni della CUSL, una libreria di Comunione e Liberazione.

Dopo anni di fidanzamento, si sposa con una cittadina italiana. Nel 2008 il permesso di soggiorno scade e al momento del rinnovo non riceve alcuna risposta né negativa né positiva dall’ufficio immigrazione, restando per quattro anni in una sorta di limbo: non può transitare nei Paesi dell’Area Schengen, non può allontanarsi dall’Italia poiché sarebbe impossibilitato a rientrarvi, non gli vengono rinnovati i documenti in scadenza (carta d’identità, patente ecc.). Nel 2012 viene contattato dalla Questura che sostiene di aver smarrito la sua pratica negli ultimi anni e di averla ritrovata ora. Si deve quindi recare all’ufficio immigrazione per riattivare la procedura (schedatura, impronte digitali…) al fine di ottenere un permesso di soggiorno per motivi familiari, essendo sposato con una cittadina italiana. La mattina in cui avrebbe dovuto andare in Questura viene però arrestato per resistenza a seguito del corteo No Tav del 3 luglio 2011 e portato in carcere, dove rimarrà per 5 mesi. Le procedure in corso si interrompono e perde il lavoro.

Mentre è in carcere riceve un documento dalla Questura in cui gli si comunica che, visti i “precedenti di polizia” e le denunce a suo carico, viene considerato una persona socialmente pericolosa e senza alcuna volontà di integrarsi nella società italiana, ragion per cui non ha diritto al permesso di soggiorno nonostante il matrimonio contratto. Va sottolineato che i “precedenti di polizia” e le denunce sono di natura squisitamente politica in quanto riguardano situazioni di lotta politico-sociale: occupazioni, reati relativi a cortei, una denuncia per rapina, consistente nella sottrazione di 200 fotocopie, relativa alla vicenda CUSL.

Il lungo iter dei ricorsi legali:

TAR per la Lombardia
Il rigetto del rinnovo del permesso di soggiorno è stato impugnato dinanzi al TAR per la Lombardia – sede Milano, che si è pronunciato nella camera di consiglio del 4 aprile 2013, con un’ordinanza di rigetto dell’istanza di sospensiva. Con l’ordinanza cautelare, il Collegio ha avallato il giudizio di pericolosità sociale formulato dalla Questura di Milano col decreto di rigetto impugnato e ha posto un dubbio sulla giurisdizione del TAR.

Consiglio di Stato
L’ordinanza del TAR è stata impugnata dinanzi il Consiglio di Stato. Con ordinanza del 25 luglio 2013, il giudice del gravame ha accolto le istanze della difesa nella sola parte in cui è stata chiesta una pronuncia sulla giurisdizione del giudice amministrativo e ha invitato il TAR Milano a pronunciarsi in merito alla sussistenza o non della propria giurisdizione.
Con sentenza pubblicata il 23 gennaio 2014, il TAR Milano ha declinato la propria giurisdizione in favore del Tribunale Ordinario.

Tribunale civile di Milano
Il giudizio è stato, conseguentemente, riassunto dinanzi il Tribunale civile di Milano. Il fascicolo è stato assegnato al Giudice Guido Vannicelli che, a seguito della discussione del 25 febbraio 2015, ha pronunciato l’ordinanza di accoglimento delle pretese del ricorrente, annullando il decreto di rigetto della Questura di Milano originariamente impugnato. Il giudice si esprime infatti a favore, dichiarandolo idoneo a ottenere il permesso di soggiorno per motivi familiari, in quanto nonostante i “precedenti di polizia”, molti non ancora andati in giudicato, vive ormai da più di dieci anni in Italia, è sposato con una cittadina italiana e si è diplomato e laureato in Italia, non può quindi essere considerato una persona non integrata nella società o senza alcuna volontà di farlo.

Questura di Milano

La pronuncia del Tribunale di Milano è stata sottoposta a una procedura di riesame da parte della Questura di Milano. Quest’ultima, con il decreto del 31 luglio 2015, ha reiterato la propria determinazione negativa, rigettando nuovamente la domanda di conversione del permesso di soggiorno per motivi familiari.
I motivi salienti del nuovo rigetto sono due: la sua presunta pericolosità sociale e la mancata dimostrazione della convivenza coniugale. Questo poiché la moglie di Marcelo si è trasferita in Germania per contingenti motivi di studio e lavoro e Marcelo non potendo transitare in altri Paesi dell’Area Schengen a causa della mancanza del permesso di soggiorno si è visto impossibilitato a raggiungerla, dovendo continuare la relazione a distanza fino al suo rientro in Italia.

Nuovo e definitivo ricorso al Tribunale civile di Milano

Ricorso assegnato al Giudice dott. Fuda, che ha fissato l’udienza di comparizione delle parti per il giorno 14 gennaio 2016.
Questo è l’ultimo passaggio legale praticabile per ottenere il permesso di soggiorno.
Se il ricorso verrà perso, Marcelo diverrà un clandestino a tutti gli effetti. Ovverosia una “non-persona” che vive come un fantasma, senza diritto all’assistenza sanitaria base, che non può lavorare né studiare, costantemente esposto al rischio d’espulsione a causa d’un banale controllo di polizia.

Messe in campo tutte le possibili armi legali rimane un solo modo per continuare a vivere felicemente in Italia: la lotta e la solidarietà. Il primo appuntamento per dimostrare vicinanza a Marcelo e per dare il via a questa lotta è il 14 Gennaio sotto il tribunale di Milano, dove viene chiamato un presidio pubblico di solidarietà a Marcelo e a tutti i migranti sotto ricatto del permesso di soggiorno. Perché se lottare per un mondo nuovo è reato, allora siamo tutti socialmente pericolosi!

#RompereIlRicatto

#CeloLibre

 

da Autonomia Diffusa

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pubblicato il in Intersezionalitàdi redazioneTag correlati:

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