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L’ipocrisia dell’umanitarismo: una riflessione sulla questione “Aquarius”

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Il 28 marzo 1997 la Marina Militare italiana sperona la Kater I Rades uccidendo, per annegamento, decine di migranti albanesi che cercano di attraversare il mare di Otranto. Berlusconi, allora leader della destra italiana all’opposizione, appare in televisione e piange davanti alle telecamere, chiedendosi dove fosse l’umanità dei governanti di allora: «delle cose indegne di noi, che non accadranno mai più». Sullo scranno di Montecitorio sedeva allora Romano Prodi alla sua prima esperienza da Presidente del Consiglio.

Ad importare in Italia la pratica del blocco navale non è stato Salvini, ci aveva già pensato infatti a suo tempo, il sinistro sostenitore degli Stati Uniti d’Europa e del cosmopolitismo dei popoli (residenti sopra l’equatore, forse), Giorgio Napolitano, allora Ministro dell’Interno nonché, poi, Presidente della Repubblica (uno di quelli sostenuti dal Partito degli intelligenti, che sanno come si scrive “Impeachment” su facebook, per intenderci), che fra un respingimento in mare e un altro aveva anche trovato il tempo di istituire i famigerati CPT (Centri di Permanenza Temporanea, poi CIE e ora CPR), luoghi destinati all’espulsione dei cosiddetti “migranti clandestini”, che, brevettati da governi formati da persone che ora parlano di accoglienza e di Europa dei popoli, ancora ci portiamo dietro.

L’ultima spinta, in ordine cronologico, alle forme di detenzione amministrativa basate sul possesso o meno del titolo di soggiorno, è stata data dall’ex Ministro dell’Interno Marco Minniti, il gentleman di ferro del Partito Democratico, che ha deciso di istituirne uno in ogni Regione italiana, al fine velocizzare le procedure di rimpatrio (mi sembra di aver letto qualcosa di simile nel Contratto di Governo Lega-5Stelle, non vi pare?!).

Il problema è che la psicosi umanitaristica collettiva ha già invaso la rete ed è impossibile ragionare su un problema che va ben oltre le sparate del buffone Salvini. Che ha sollevato e fatto esplodere una delle contraddizioni principali della “Fortezza Europa”, ovvero la chiusura delle frontiere attorno ai paesi dell’Europa mediterranea Italia e Grecia, causata dagli effetti di Dublino III e dalla “profughizzazione” del fenomeno migratorio, e ha costretto la Spagna, paese famoso per il filo spinato e i muri da sei metri videocontrollati in ogni millimetro per bloccare i “”clandestini”” attorno a Ceuta e Melilla, a far approdare una barca nei suoi porti. Si può obiettare che è una mossa fortunata, ma mi sembra qualcosa di più: forse aver capito la fase politica e, con estremo malincuore, essere stato “intelligente”.

La verità è che si può continuare a raccontare la frottola dell’Europa come vettore di pacificazione razionale dei rapporti fra stati, di strumento volto ad attuare la pace perpetua, o si possono aprire gli occhi e prendere atto della concretezza dell’attuale ordinamento giuridico internazionale: un sistema multipolare basato su nudi rapporti di forza. In questo senso è inutile strillare ai quattro venti che il diritto marittimo è stato infranto o che non vengono rispettate le condizioni umanitarie, perché a violarle sono gli stessi che le hanno stabilite e che hanno tutto il diritto di riscriverle, venute meno le condizioni che imponevano tali vincoli e, soprattutto, se nessuno, sempre nel libero gioco dei rapporti di forza, glielo impedisce.

Il paradigma umanitario, divenuto egemone nel mondo unipolare post-sovietico, dei vari filantropi miliardari e delle varie ONG perde lentamente la propria egemonia sul mondo e tutti paiono accorgersene salvo le, cosiddette, sinistre, che ubriache di, chissà quanto veritieri, buoni sentimenti preferiscono schierarsi con MSF. Per capirci organizzazione fondata da Bernard Kouchner, inventore e grande teorico delle “guerre umanitarie” dagli anni ’90 in poi e aperto sponsorizzatore di quella in Libia del 2011.

In questo senso è quantomai necessario smontare le montature mediatiche architettate in maniera brillante dall’entourage comunicativo di Salvini&co. sui cosidetti “taxi del mare”: le ONG non hanno tradito alcun mandato umanitario originario, per sostituirlo con una presunta velleità di “sostituzione etnica”. Sono enti mediatici esattamente come i partiti che le accusano e dovrebbero essere loro i primi a sapere che di media si campa, soprattutto in termini di volenterose donazioni e pubblicità gratuita: conti e statistiche alla mano, i salvataggi nel Mediterraneo sembrano pagare bene. Ogni dietrologia è fuorviante.

Politica non è buoni sentimenti. Politica è razionalità dell’analisi, delimitazione del campo dell’amicizia e dell’inimicizia e fratellanza con i propri simili. Non c’entrano nulla le ONG, non c’entrano nulla coloro che fino a ieri stavano seduti a Palazzo Chigi fingendo di accogliere i Richiedenti Asilo, categoria che è prioritario mettere a critica, salvo poi spedirli indietro senza troppi complimenti alla fine dell’iter di Riconoscimento della Protezione Internazionale, che nella maggior parte dei casi ha esito negativo. Senza un serio ragionamento sulle forme di riconoscimento reciproco fra gli autoctoni che siedono agli ultimi gradini della società e i nuovi poveri che si affacciano sulle nostre coste, abbaiare quando vediamo passare alla porta il fascismo di Salvini è inutile.

Ampliare la frattura interna all’Europa, chiarificare lo spazio del nemico, in primo luogo le ex sinistre che hanno trasformato i nostri paesi in macellerie per poveri e scritto per intero lo scheletro dell’attuale ordinamento giuridico discriminante nei confronti dei non-europei, uscire dal gioco stabilito in maniera bipartisan dai partiti di governo “Rifugiato sì o Rifugiato no”, ricostruendo un discorso sulla frontiera come nemico di classe, e solidarizzare con chi, esattamente come facciamo noi giovani italiani a migliaia, si sposta e cerca una vita appagante e soddisfacente, lontana dalla miseria dei propri odiosi paesi d’origine;. Il resto sono solo lacrime di coccodrillo.

Rachid

 

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pubblicato il in Intersezionalitàdi redazioneTag correlati:

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