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The final countdown: in tutto Italia lo sciopero mondiale per il clima

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 Le strade di tutta Italia si sono riempite oggi di centinaia di migliaia di ragazzi e ragazze nel primo sciopero per il clima. Qualche impressione a caldo.

La composizione della piazza ha già da dirci molto. Generazionalmente omogenea, con pochissime persone sopra i vent’anni, con una creatività e una voglia di esserci che si leggeva nei cartelli, nei visi colorati, nei balbettamenti di cori ancora tutti da inventare. Il rifiuto di partiti e associazioni rimarca la voglia di contare, di costruire qualcosa di vero e di pulito lontano dalla sporca politica degli adulti. Giornali progressisti e altre compagini hanno fiutato l’affare un po’ in ritardo e hanno goffamente provato a metterci il cappello (“Le piazze d’Italia rispondono all’appello Instagram di Repubblica” è lo sguaiato titolo che campeggia sulla homepage del quotidiano). D’altronde la palese ipocrisia di un foglio che ogni giorno si fa cantore di tav, tap, trivelle e cemento nel nome dello Sviluppo e del Progresso ma che per due giorni si tinge di verde non avrà fatto sorridere solo noi.

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In realtà chi ha messo un po’ il naso nella mobilitazione ha subito sentito che si preparava qualcosa di grosso anche se non stava passando per i consueti canali degli ambienti militanti (e che proprio per questo meriterebbero di essere indagati…). Appelli che giravano nelle chat delle classi, professori pronti a prendere posizione, scuole intere chiuse. In fondo il tema unisce e proprio per questo vive di un’ambivalenza che ne ha gonfiato la partecipazione. Disegna una società liscia, certo. Tutti insieme per il clima. Il simbolo però è Greta. Perché è forte, perché è coraggiosa, perché nelle foto non sorride mai come i politici per imbonirti. Dice le cose come stanno: siamo nella merda.

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Lasciando da parte le paranoie complottarde di chi vuole sempre chiedersi il CHI per la pigrizia di non voler indagare il COSA c’è dietro fenomeni sociali ampi che interrogano le attuali forme della politica (comprese le nostre!), nei discorsi della sedicenne svedese si trova già un apprezzabile scarto rispetto a tante sicumere “ecologiste”. C’è la richiesta alla politica tutta di fare qualcosa (di “tirare il freno a mano”) senza rimandare solo ai singoli comportamenti individuali la responsabilità di fermare il cambiamento climatico. È un discorso non morale ma politico in cui il problema non sono le persone ma il modello di sviluppo. C’è, insomma, una critica di sistema. Un’ipotesi anticapitalista? Certo il fatto di partire dai livelli alti delle contraddizioni è anch’esso portatore di una sua ambivalenza. Ha una radicalità intrinseca, in fondo ormai ineliminabile quando si parla seriamente di ecologia, ma rischia anche di galleggiare nel mondo delle idee. Oggi si è aperto un enorme spazio di politicizzazione. A chi ha ipotesi più radicali la capacità di fare da cerniera tra i livelli. Non dal basso verso l’alto, come nel ciclo dei movimenti contro le grandi opere, in cui la conquista collettiva è stato risalire insieme le gerarchie del dominio dal singolo progetto al sistema che ne faceva garante. Ma dall’alto verso il basso, nominando nomi, cognomi, responsabilità, imprese di chi sta cambiando il clima in nome dei propri interessi.

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Verso la stessa politica, d’altronde, tra chi ha promosso in Italia FridayForFuture abbiamo visto solo diffidenza. Basta con le parole, vogliamo i fatti. I commenti dei singoli esponenti politici in favore del movimento sono apprezzati (“sono loro che decidono”) ma senza ingenuità. Il fatto che non ci fossero bandiere o simboli è stata una precondizione per tutti, non si delega, si verifica: sono tutti già colpevoli e il movimento non è un facile purgatorio.

Nelle strade d’Italia abbiamo visto qualcosa di nuovo. Ancora presto per sapere se si tratta di un nuovo tornante dei movimenti ecologisti ma il tentativo di unire le istanze contro il cambiamento climatico a quelle contro le grandi opere inutili ci sembra oggi ancora di più una scommessa che vale la pena di giocarsi fino in fondo. Appuntamento al 23 marzo a Roma allora!

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