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Torniamo a casa

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15 morti e 1500 feriti. Freddati da centinaia di cecchini israeliani appostati sul confine della striscia di Gaza da giorni. Uccisi, feriti, mutilati e finanche presi a cannonate. Non c’è equilibrio, non c’è giustificazione.

La stampa parla di guerriglia e di scontri provocati dai palestinesi. Alludono a una minaccia. Noi vediamo solo la fiera resistenza di uomini e donne che non si rassegnano a vedere la loro terra trasformata nella loro prigione.

Decine di migliaia di palestinesi si sono mossi disarmate verso il confine di Gaza, una prigione a cielo aperto in cui milioni di palestinesi di cui la stragrande maggioranza profughi espulsi dalle proprie terre, vivono circondati per tre lati da uomini armati a guardia dei confini e per un lato cinti dal mare presidiato da uomini armati sulle navi militari.

Commemoravano lo Yom al-Ard, la giornata della terra che ricorda l’eccidio di sei palestinesi il 30 marzo 1976 quando l’esercito dell’occupazione irruppe militarmente nei villaggi di Sachin, Arraba, e Deir Hanna per reprimere le manifestazioni che ebbero luogo a seguito della decisione delle autorità israeliane di espropriare, per scopi militari, vasti terreni agricoli che appartenevano agli abitanti di quei paesi. Una giornata di mobilitazione che ribadisce il diritto al ritorno per i profughi palestinesi espulsi dai territori occupati militarmente da Israele.

 

Vignetta di Vermi di Rouge.

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