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La paralisi portuaria cilena si intensifica

Se qualcosa in particolare ha caratterizzato le lotte sindacali durante il periodo seguente la dittatura è, in primo luogo, la sua dispersione e la sua atomizzazione, e, in secondo luogo, il suo marcato carattere di rivendicazione economica. Focolai di mobilitazione isolati e domande relative all’aumento del salario sono stati il tema di questo movimento dall’arrivo della “democrazia” in poi. D’altra parte, se qualcosa ha caratterizzato la recenti lotte dei lavoratori portuari è stato esattamente il contrario; una battaglia coordinata a livello nazionale, unita con richieste che superano la mera questione economica, sono le primordiali caratteristiche di questa mobilitazione. I sindacati portuari, disseminati su tutto il territorio, sono tornati ad utilizzare una piccola, ma simbolica parola: la “solidarietà”.

Breve rassegna della lotta dei lavoratori portuali

Il principio del conflitto fù nel porto di Angamos nella regione di Antofagasta, dove diversi lavoratori dell’impresa portuaria Ultraport si sono organizzati per esigere la risposta a due richieste. In primo luogo condizioni degne per l’alimentazione degli operai portuari, in secondo la fine dell’osteggiamento nei confronti dei lavoratori aderenti ad organizzazioni sindacali. È importante mettere in luce che ai lavoratori era stata levata persino la mezz’ora di pausa pranzo prescritta dalla legge. Motivo che li obbliga a cimentarsi in dure mansioni senza alimentare il corpo che, per entrambi i motivi, a lungo termine viene colpito da malattie come il cancro allo stomaco.

La mobilitazione prese il via il 15 marzo con uno stop indefinito che si è mantenuto molto a lungo (finora?). La risposta della famiglia Von Appen, proprietaria dell’impresa, che controlla circa una ventina di porti nell’America del Sud ha dimostrato un atteggiamento feroce. Ultraport accettò solamente le richieste relative al pranzo. I lavoratori infatti esigevano un buono di 4000 pesos a giornata lavorativa finchè non fossero state installate le mense per la loro alimentazione. L’impresa offrì un buono di 3200 pesos, che è stato accettato dai portuari. Senza dubbio l’impresa si è opposta fermamente alla seconda domanda relativa al fine della rivendicazione sindacale. Attualmente vari lavoratori stanno vedendosi negata la possibilità di ritornare alle loro mansioni poiché indicati come agitatori. Così Ultraport continua a perpetrare la logica della maggior parte delle imprese, che sono disposte a concedere denaro quando si svolgono mobilitazioni, ma che non sono mai disposte ad accettare chi protesta sul lavoro, e che preferiscono pagare sentenze milionarie per espellerli senza indennizzo; situazione paradossale perché gli risulterebbe più conveniente pagare un indennizzo che una sentenza, assicurandosi senza dubbio che i lavoratori se ne vadano a casa senza nulla in mano. È la loro battaglia sottile e ideologica per dimostrare chi è che comanda e chi punisce chi ha osato alzare la testa.

Nelle due settimane di sciopero i lavoratori di Ultraport diversi porti su scala nazionale si sono organizzati e hanno dato vita ad uno stop delle attività che attraversa il paese quasi per intero. Questo ha prodotto la paralisi delle principali esportazioni del Cile, e al contempo perdite milionarie per gli impresari. Il motivo dello stop generalizzato dei porti dell’intera regione cilena è stato la Solidarietà. I lavoratori portuari riuniti nell’Unión Portuaria de Chile esigono il reintegro dei compagni che l’impresa intende destituire. Nel caso in cui il reintegro non possa avvenire esigono da Ultraport un indennizzo degno per i loro compagni. Lo sciopero nazionale resisteva già da 7 giorni facendo aumentare la preoccupazione della classe imprenditrice.

Gli impresari gridando come mai

A differenza dei grandi conflitti sociali di proporzioni maggiori, in questo caso il governo ha mantenuto tutto sotto un ferreo silenzio. Questo a causa della preoccupazione dello stato di perdere il proprio ruolo di garante della stabilità economica del paese. Parlare del blocco delle attività portuali sarebbe come dimostrare che il Cile non sia un paese affidabile per gli investimenti stranieri e per le mega imprese che estraggono le materie prime dal nostro paese.

Un atteggiamento totalmente differente fu quello che adottarono differenti settori dell’imprenditoria che hanno emesso opinioni di parte. Sul portale Terra.cl il presidente della Società Nazionale di Agricoltura, Patricio Crespo, ha espresso parole dure sul movimento ordinando al governo “di applicare l’articolo 11 della Legge di Sicurezza di Stato al fine di restituire la libera circolazione di merci tra gli scali”. Queste dichiarazioni sono rappresentative soprattutto degli interessi del settore imprenditoriale della zona centrale che produce alimenti che partono dai porti di Valparaiso. Sempre su terra.cl si è espresso il presidente della Corporazione Cilena per il Legname (CORMA), Fernando Raga, opponendosi alla paralizzazione dei principali porti della regione del Biobio “facendo un richiamo alle autorità affinchè facessero rispettare lo Stato di Diritto e applicassero la legge denunciando che ci sono migliaia di mezzi da carico che si sono visti immobilizzati di forza o soffrono ritardi interminabili”. Il mezzo di comunicazione della classe imprenditrice “Diario Financiero” riporta il fastidio della Camera di Commercio Nazionale, Servizi e Turismo del Cile (CNC), la quale afferma che “ il valore medio giornaliero della perdita dovuta al blocco delle esportazioni ammonta a 207 milioni di dollari, considerando solo la paralisi dei terminal di Antofagasta, San Antonio e Talcahuano”.

Tutte queste dichiarazioni dell’imprenditoria si sommano alle dichiarazioni del vicepresidente della Camera Marittima e Portuaria, Rodolfo Garcia, organizzazione che raccoglie gli interessi imprenditoriali del settore. Tutto ciò porta alla luce il timore della classe imprenditrice di fronte a questo tipo di movimenti. Se la sua attitudine è solita essere il silenzio di fronte ai conflitti sociali, adesso, al contrario, è ormai di sdominio pubblico, e rappresenta un chiaro segnale politico, l’intenzione di voler mettere il proprio potere sopra il tavolo e assicurarsi che il proprio cane da guardia,(lo Stato) sovrasti il Movimento con la forza. Risulta evidente che di fronte alla risposta solidale a livello nazionale dei lavoratori portuari, anche gli imprenditori di differenti zone del paese rispondono con dichiarazioni provocatorie. Senza dubbio il problema si complica a causa delle ingenti perdite di denaro e di reputazione di fronte al resto del mondo.

Un movimento pieno di forza

L’estensione del movimento portuario ha sorpreso gran parte dell’imprenditoria e della comunità in generale. La sua potenza espansiva e la solidarietà sono due caratteristiche inedite per il movimento sindacale cileno. Gli imprenditori oltre ad essere preoccupati per le perdite milionarie, continuano a non intendere la parola chiave: “solitarietà”. Non comprendono il fatto che si stia esigendo qualcosa di più del denaro, e neanche il fatto che debbano pagare i costi di una mobilitazione che inizia a migliaia di chilometri dai suoi centri di sfruttamento produttivo.

Questa solidarietà non è un fatto completamente spontaneo. Nasce da un lavoro sindacale portato avanti da diverse organizzazioni portuarie distribuite sull’intero territorio nazionale. È infatti possibile osservare, tanto nelle dichiarazioni dell’imprenditoria quanto in quelle degli stessi portuari, che il settore più avanzato è costituito dai porti della regione del Biobio. A partire dal 2010 esiste nella regione L’Unione Portuaria del Bio-Bio che riunisce i principali porti del settore, prendendo vita da Coronel, Talcahuano e Lirquen. L’Unione Portuaria del Bio-Bio ebbe il suo battesimo del fuoco nel 2011 quando i portuari di Liqueen cominciarono un primo sciopero portando avanti diverse richieste. Rapidamente gli altri porti appoggiarono i loro compagni paralizzando i lavori e conquistando alcuni accordi per i compagni di Liquen. Questo stesso anno, in una circostanza inedita, i portuari paralizzarono le loro attività per diverse ore in appoggio delle rivendicazioni studentesche. Sono tutti fatti che dimostrano che il concetto di solidarietà si materializza fermamente all’interno di questi settori lavorativi.

Da questa e da altre zone del paese si sta provando a rinforzare l’Unione Portuaria Cilena ch sta cercando di riunire il maggior numero di porti su scala nazionale. Adesso bisogna solo aspettare che questa esperienza rafforzi questo progetto e consenta di accumulare esperienze per le future mobilitazioni.

da Degage

 

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