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I tifosi del calcio giocano un ruolo chiave nelle proteste egiziane.

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I tifosi del calcio giocano un ruolo chiave nelle proteste egiziane.

di James M. Dorsey

The Turbulent World of Middle East Soccer

Con l’Egitto che entra nella sua seconda giornata di inedite proteste anti-governative, i tifosi delle squadre di calcio rappresentano un pilastro ben organizzato e temuto della coalizione di base dispiegata, determinata a garantireche il Presidente Hosni Mubarak subisca la stessa sorte del Presidente Tunisino Zine El Abidine Ben Ali, già rovesciato questo mese [lo scorso gennaio N.d.T.] da dimostrazioni di massa.

I tifosi del calcio, inclusi gli ultras della storica formazione del Cairo dell’Al Ahly (Il Nazionale) Sports Club, fanno parte di un’allenza di giovani attivisti, di islamisti ed operai che protestano per il fallimento del governo nell’alleviare la povertà, sradicare la corruzione e creare posti di lavoro, oltre che per l’utilizzo della repressione e della tortura per ostacolare le opposizioni.

Le richieste dei contestatori spaziano dall’aumento delle libertà politiche alle dimissioni dell’odiato ministro dell’interno, fino alla fine del regime trentennale di Mubarak e alla garanzia che all’ottantaduenne leader non succeda il figlio Gamal.

“Quelli che abbiamo visto nelle strade ieri martedì [25 gennaio, N.d.T.] non erano solo i membri dei Fratelli Musulmani od i loro simpatizzanti ma gli egiziani più in generale; sono gli egiziani che vedete sostenere la nazionale di calcio – ed la loro manifestazione di frustrazione era autentica ed andava soddisfatta” – ha dichiarato al quotidiano governativo Al-Ahram un importante membro del Partito Nazionale Democratico di Mubarak al potere.

In un comunicato su Facebook, i temuti ultras dell’Al Ahly avevano dichiarato più addietro nella settimana che il gruppo era deciso a rimanere non politico, ma che i suoi membri erano liberi di partecipare individualmente alle proteste. “Il gruppo sottolinea il fatto che i suoi membri sono liberi nelle proprie scelte politiche” – si leggeva nel comunicato.

Fondata nel 2007, la tifoseria ultras – modellata sulle autonome e spesso violente tifoserie italiane – ha mostrato il proprio coraggio negli scontri con la polizia egiziana, che accusa i suoi ranghi di ospitare terroristi e criminali.

Non c’è antagonismo in politica, così l’antagonismo si è spostato sul campo di calcio. Facciamo quello che dobbiamo fare contro le regole ed i regolamenti quando pensiamo che siano sbagliati,” ha detto un ultra’ dell’Al Ahly lo scorso anno dopo che il suo gruppo ha travolto un blocco di poliziotti che cercavano di impedirgli di introdurre torce, fuochi d’artificio e striscioni nello stadio. “Non si cambiano le cose in
Egitto parlando di politica. Non siamo politici, il governo lo sa e deve fare i conti con noi” – aggiunge.

Il coinvolgimento delle tifoserie organizzate nelle proteste antigovernative in Egitto rappresenta l’incubo peggiore di ogni governo arabo. Il calcio, oltre che l’Islam, offre una rara piattaforma nel Medio Oriente, una regione cosparsa di regimi autoritari che controllano ogni spazio pubblico, per lo sfogo della rabbia e della frustrazione represse.

L’Algeria, ai primi del mese [di gennaio N.d.T.] ha annullato le partite durante un fine settimana, nel tentativo di precludere un punto di adunata per le manifestazioni di protesta contro l’aumento del prezzo dei beni. Alla fine dello scorso anno, i tumulti scoppiati in Giordania che hanno causato 250 feriti hanno rivelato una frattura sempre più grave tra gli abitanti dell’East Bank di origine beduina ed i giordani di origine palestinese.

“Il calcio è più esteso della politica. Si tratta di evasione. Il tifoso medio dell’Ahly è uno che vive in un appartamento di una camera da letto con sua moglie, sua suocera e cinque bambini. Gli danno un salario minimo e la sua vita fa schifo. L’unica cosa buona nella sua vita è che il venerdì per quelle due ore va allo stadio a vedere l’Ahly” – dice Assad, uno dei leader degli ultras dell’Ahly – “La gente soffre, ma quando l’Ahly vince, sorride”.

Khaled Motagi, membro del consiglio dell’Al Ahly ed erede del primo presidente post-rivoluzionario del club è comparso in un documentario radio della BBC, The Power and The Passion. L’Ahly ha dato modo ai suoi tifosi di sorridere, vincendo il campionato egiziano 34 volte e la Coppa d’Africa sei volte; i rivali dello Zamalek si sono aggiudicati il titolo egiziano 14 volte e quello africano cinque volte.

Non c’è da sorprendersi che la rivalità dell’Al Ahly col club concittadino del Cairo, l’Al Zamalek, sia il derby più violento del mondo. La loro violenta rivalità dentro e fuori il campo ha causato morte, distruzione ed, almeno in un caso nei primi anni ’70, la cancellazione dell’intero campionato.

La loro rivalità è così radicata che il governo continua a far giocare le partite su campo neutro con arbitri stranieri paracadutati apposta per gestire la partita. Centinaia di poliziotti in assetto antisommossa, soldati e personale di sicurezza in borghese, atterriti da ciò che gli ultras potrebbero avere in serbo, circondano lo stadio ogni giornata di campionato. Le vie di comunicazione verso e dagli stadi sono accuratamente pianificate, cosicché le opposte tifoserie non entrino in contatto l’una con l’altra prima o dopo la partita.

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