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Buster Keaton. Ridere è una cosa seria

La tipica lunghezza del film comico negli anni ’20 era di due bobine (circa venti minuti), le quali spezzavano il racconto esattamente a metà. Passare da l corto al lungo o mediometraggio, quindi, non rappresentava un problema tecnico, bensì un problema narrativo e di struttura del film.

Gli amici-rivali di Keaton, come abbiamo anticipato, approdarono prima di lui al successo del “film lungo”, ma Harold Lloyd era più attore che regista e le sue pellicole erano scritte e dirette da altri (il suo primo lungometraggio A Sailor-Made Man (Lupo di mare, 1921) venne diretto da Fred C. Newmeyer che diresse anche il capolavoro di Lloyd Safety Last (Preferisco l’ascensore, 1923) mentre Chaplin per The Kid (Il monello, 1921) si appoggiò ad una struttura “dickensiana” che gli era propria e non era pertanto facilmente copiabile.

Keaton, dal canto suo, aveva da tempo abbandonato le “torte in faccia” e i suoi cortometraggi vantavano già una struttura narrativa complessa, ma il salto di qualità avvenne con The Three Ages (L’amore attraverso i secoli o Senti, amore mio, 1923) in cui “l’idea centrale era che l’amore e le relazioni non sono cambiate dall’alba dei tempi a oggi” (Keaton).

Ambientato in tre epoche diverse, età della pietra, Roma antica e il ‘900 (l’allora presente), il film racconta la storia di un giovane (Buster Keaton) innamorato di una ragazza (Margaret Leahy). In tutti e tre i periodi storici, tuttavia, il protagonista è umiliato dal rivale (Wallace Beery, che gentile non lo era per davvero) e osteggiato da genitori di lei (Joe Roberts e Lillian Lawrence), ma alla fine riesce a sfidare l’antagonista, a batterlo e a sposare l’amata.

 

Nella foto a dx.: The Three Ages (1923)

La pellicola, uscita nelle sale il 25 luglio del 1923, fu per ammissione dello stesso autore, una parodia di Intolerance (1916) di David Wark Griffith cui Keaton prese spunto per le storie parallele e il montaggio alternato. Ma The Three Ages andò oltre la semplice parodia e risultò essere molto ricco sia sul piano tecnico (la scena in cui il protagonista è a cavallo di un dinosauro fu una delle prime interazioni tra disegno animato e riprese “dal vero”) sia sul piano narrativo. Alternò, infatti, le gag (sempre più ricercate) alla satira sociale, particolarmente presente nell’episodio moderno in cui vennero messi in ridicolo alcuni miti americani come la ricchezza, lo sport o le restrizioni sociali dell’allora vigente proibizionismo (Keaton per trovare il coraggio di sfidare il rivale si ubriaca).

Il film, l’ultimo realizzato con Eddie Cline, venne prodotto dalla società di Keaton e distribuito dalla Metro (dopo la rottura con la First National) e ottenne un buon successo nei cinema. Successo che per Buster consolidò col successivo Our Hospitality (Accidenti che ospitalità o La legge dell’ospitalità, 1923).

 Nella foto a sx.: Our Hospitaly (1923)

La faida tra le famiglie Canfield e McKay spinge quest’ultima a trasferire il piccolo Willie a New York, dove viene cresciuto dalla zia. Vent’anni dopo, il ragazzo (Buster Keaton) scopre la storia della sua famiglia e decide di tornare al paese natale. Durante il viaggio di ritorno si innamora di Virginia, l’ultima discendente della famiglia Canfield (Natalie Talmadge), ma ignaro della sua identità, accetta un invito a cena. Willie McKay viene riconosciuto da Joseph Canfield (Joe Roberts), il padre della ragazza, che con l’aiuto degli altri figli (Ralph Bushman, Craig Ward) lo vuole uccidere, ma la “legge dell’ospitalità” vieta di ammazzare chi si è accolto sotto il proprio tetto. Il giovane, capita la situazione, tenta con ogni mezzo di non andarsene. Il mattino seguente è costretto a fuggire inseguito dalla famiglia rivale. Willie e la ragazza cadono in un torrente che li trascina verso le cascate. Si riescono a salvare e quando le due famiglie li ritrovano, i due giovani sono sposati ponendo fine alla faida.

Un capolavoro di umorismo in cui nulla è ciò che sembra e in cui ogni oggetto assume un valore opposto a quello che dovrebbe avere o sembra quello che non è. E la comicità nasce dall’impassibile disinvoltura con cui Keaton affronta tutte le drammatiche situazioni.

Our Hospitality fu il film più “familiare” di Keaton: Virginia Canfield venne interpretata dalla moglie Natalie Talmadge, Joseph Keaton (Joe) il padre di Buster interpretò il macchinista del treno, Willie McKay bambino fu interpretato dal figlio di Keaton Joseph. Il film, co-diretto da John G. Blystone, fu l’ultimo interpretato da Joe Roberts (2 febbraio 1871 – 28 ottobre 1923), il mastodontico attore più volte antagonista di Keaton nei suoi film, che venne colpito da un attacco di cuore e morì a 52 anni durante la lavorazione del film.

Un altro amico di Keaton non se la passava bene: Roscoe “Fatty” Arbuckle. Erano infatti passati due anni dalla sua assoluzione per l’omicidio di Virginia Rappe (vedi prima parte), ma l’ostracismo verso di lui continuava. L’ex “re delle torte in faccia” si esibiva in un night club di Culver City in California quando gli giunse la proposta di dirigere il successivo film di Keaton. Il tentativo si rivelò un disastro. Come scrisse Buster nella sua autobiografia: “Roscoe era irritabile, impaziente e trattava male tutti. La mia protagonista femminile, Kathryn McGuire, scoppiava a piangere una dozzina di volte al giorno”.

Nella foto a dx.: Sherlock Jr. (1924)

Alla fine Keaton trovò una via d’uscita dignitosa per tutti: “dirottò” l’amico a dirigere un film prodotto dal magnate Hearst e diresse egli stesso, insieme a Joseph Schenck, Sherlock Jr. (La palla nº 13 o Calma signori miei) che uscì nelle sale il 21 aprile del 1924.

Il proiezionista di un cinema di una grande città (Buster Keaton) sogna di diventare un affermato detective, ma quando fa un regalo alla ragazza di cui è innamorato (Kathryn McGuire), un rivale (Ward Crane) ruba l’orologio del padre di lei (Joseph Keaton) e lo fa accusare ingiustamente di furto. Scacciato dalla casa, il protagonista torna nella sua cabina di proiezione, si addormenta e sogna di entrare nel film nei panni di Sherlock Jr. che risolve, tra mancate esplosioni e trabocchetti, un complicato caso di furto e salva, dopo rocamboleschi inseguimenti, la ragazza rapita. Ma era tutto un sogno. Il proiezionista viene svegliato dalla giovane che ha scoperto l’inganno del rivale. Il protagonista abbraccia l’amata prendendo ispirazione dal film che continua ad essere proiettato sullo schermo, ma rimane interdetto quando, dopo abbracci e baci, vede la coppia circondata da bambini.

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Nella foto a sx.: Keaton si “sdoppia” in Sherlock Jr.

Keaton con questo film effettuò un salto concettuale sul montaggio e usò con bravura e precisione la sovrimpressione. Tuttora giustamente celebre la sequenza in cui il protagonista si addormenta, si sdoppia e la sua immagine entra nello schermo subendo un continuo cambio di sfondo imposto dal montaggio (un giardino, una strada, una montagna, una tana di leoni, un deserto, uno scoglio, un bosco innevato, di nuovo il giardino) realizzato con una precisione tecnica impensabile per l’epoca, ottenuta grazie a una retinatura millimetrica dell’obiettivo che permise a Keaton di conservare la stessa posizione anche quando cambiavano gli ambienti intorno a lui.

Se nei cinema Keaton otteneva successi, meno bene andava la vita sentimentale. Il rapporto con la moglie Natalie, dopo pochi anni di matrimonio, era già in crisi e una volta nato il secondogenito Robert, la Talmadge, consigliata dalla madre e delle sorelle, decise di non avere più alcun rapporto fisico con il marito per evitare altre gravidanze. I due vivevano da separati in casa, ma il “clan Talmadge” concesse a Buster la possibilità di cercare “consolazione” altrove, a patto che facesse tutto con discrezione. Una situazione paradossale.

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Nella foto a dx.: The Navigator (1923)

Tornando al cinema, il film successivo, considerato dall’autore stesso il suo secondo preferito, fu The Navigator (Il navigatore o La crociera del navigatore, 1924) in cui Keaton interpretò un personaggio simile a quello creato dall’amico-rivale Hardol Looyd ovvero un “figlio di papà” che dimostrava di sapersela cavare anche nelle situazioni più difficili.

Rollo Treadway (Buster Keaton) è un giovane milionario che dopo aver visto una coppia di sposi, decide si sposarsi in giornata. Chiede pertanto al suo maggiordono di prenotare una crociera per due, ma la sua ragazza Betsy O’Brien (Kathryn McGuire) lo respinge. Il giovane decide di partire ugualmente, ma sbaglia imbarcazione. Nel frattempo dei terroristi rapiscono il padre della giovane (Frederick Vroom). La ragazza parte alla sua ricerca, ma finisce sulla nave in cui è capitato Rollo, che va alla deriva. Nel transatlantico i due iniziano una vita solitaria adattando tutti gli oggetti trovati sulla nave alla vita quotidiana. L’imbarcazione qualche settimana dopo si arena presso un’isola e viene assalita da dei selvaggi che rapiscono la ragazza. Rollo, con indosso uno scafandro da sommozzatore, riuscirà a salvare la sua amata.

Il film, diretto insieme a Donald Crisp (attore di diverse pellicole dirette da David Wark Griffith e futuro Premio Oscar come Miglior attore non protagonista per Com’era verde la mia valle di John Ford), fu uno dei più grandi successi di Keaton. Riuscì, infatti, a sfruttare alla perfezione di spazi chiusi della barca e giocò con grande intelligenza la sua personale “lotta” contro gli oggetti che portò a soluzioni surreali: l’aragosta usata come tenaglia, il trapano per aprire il cartoccio di latte, la sega a pedale per aprire una scatola di carne, un pesce-spada usato come arma contro un altro pesce-spada, la bandiera gialla usata perché “ha un bel colore”, ma che significa “colera”, ecc…

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Nella foto a sx.: Seven Chances (1925)

Keaton cambiò ritmo, temi e situazioni anche nel successivo Seven Chances (Le sette probabilità, 1925). La società di Jimmie Shannon (Buster Keaton) e di Billy (T. Roy Barnes) è sull’orlo del fallimento, ma un notaio (Snitz Edwards) comunica a James che ha ereditato sette milioni di dollari a una condizione: che si sposi prima di compiere 27 anni, cioè entro le 19 del giorno stesso. Il protagonista chiede subito alla sua fidanzata Mary Jones (Ruth Dwyer), ma al suo rifiuto, accompagnato da socio e notaio, chiede di sposarlo alle sette ragazze che conosce e poi “ad ogni cosa portasse una gonna, perfino ad uno scozzese” (come recita una didascalia) senza successo. Il suo amico Billy, che gli aveva dato appuntamento in chiesa, mette un’inserzione sul giornale in cui convoca ogni donna interessata. Jimmie arriva in una chiesa deserta che poco a poco si riempe di donne in abito da sposa. Verrà inseguito da centinaia di aspiranti, ma alla fine sposerà, appena in tempo, l’amata Mary.

Riscoperta negli anni settanta, la pellicola ha una concatenazione di gag perfetta, ma raggiunge la forza surreale solo nell’inseguimento finale. Impossibile non cogliere il riferimento a Cops. Ma se nel cortometraggio a rincorrere Keaton erano dei poliziotti, in Seven Chances sono un esercito di aspiranti mogli (anche in questo caso, come accaduto in My Wife’s Relations, si possono cogliere le difficoltà del vero matrimonio di Keaton).

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Nella foto a dx.: Go West (1925)

Il film ebbe successo, ma segnò la fine del rapporto con i suoi più fidati collaboratori (Jean Havez, Clyde Bruckman e Joseph Mitchell). Le ragioni non sono tuttora note, ma è certo che il successivo Go West (Io e… la vacca o Andate al West, 1925) ci consegnò un personaggio ancora più solo e ancor più malinconico, per certi versi simile al vagabondo di Charlie Chaplin.

Friendless (letteralmente “senza amici”, interpretato ovviamente da Buster Keaton) è un giovane solitario e squattrinato che parte per il West. Si fa assumere in un ranch dove diventa prima amico della mucca Brown Eyes, anch’essa solitaria e non amata da nessuno, poi della figlia (Kathleen Myers) del proprietario del ranch (Howard Truesdale) che lo incarica di portare la mandria a Los Angeles. Nonostante la sua evidente goffaggine riesce nell’impresa e per ricompensa, anziché chiedere la mano della figlia, chiede la mucca salvandola dal macello.

Non sarà un film perfetto (“Dirigere delle mucche è molto più difficile che dirigere attori” affermò Keaton nella sua autobiografia), sarà anche la pellicola meno keatoniana tra quelle direttamente realizzate da Buster, ma per la “gustosa ironia sugli sterotopi” è davvero imperdibile (l’affetto di un uomo verso una mucca novant’anni prima della canzone demenziale “Vacca boia” del due toscano Cecco e Cipo).

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Nella foto a sx.: Battling Butler (1926)

Keaton tornò al suo schema classico nel successivo Battling Butler (Io e la boxe o Se perdo la pazienza…, 1926). Alfred Butler (Buster Keaton) è un milionario che accompagnato dal fidato maggiordomo (Snitz Edwards) trascorre le vacanze in campeggio, dove conosce e si innamora di una ragazza (Sally O’Neil). Tuttavia, il padre (Walter James) e i fratelli della giovane pretendono che a sposarla sia un uomo sportivo. Approfittando di un caso di omonimia, il protagonista, con l’aiuto del maggiordomo, si finge il pugile Alfred “Battling” Butler, ma dopo il matrimonio arriva il vero campione (Francis McDonald) che sfida l’innocuo Alfred che riuscirà sorprendentemente a battere, in una stanza chiusa, l’affermato sportivo.

Il film non ebbe il classico crescendo di gag, ma Keaton provava a non ripetersi in quanto continuava “a pensare che il pubblico fosse abbastanza intelligente da richiedere della novità” (Cremonini).

Battling Butler fu l’ultima pellicola realizzata per la Metro che, trasformatasi nel frattempo in Metro-Goldwyn-Mayer, tentò più volte di intromettersi nel lavoro del regista. Keaton, forte dei successi al botteghino, decise quindi di cercare nuova libertà alla United Artists che segnò la ripresa della collaborazione con lo sceneggiatore Clyde Bruckman. Il risultato fu quello che da molti è considerato il capolavoro assoluto di Buster Keaton, The General(Come vinsi la guerra, 1927).

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Nella foto a dx.: The General (1927)

Durante la Guerra di secessione il giovane sudista Johnnie Gray (Buster Keaton) è combattuto tra due passioni: la locomotiva “The General” di cui è il macchinista e la giovane Annabelle Lee (Marion Mack) che lo vorrebbe soldato. Scartato dall’esercito perché considerato più utile come ferroviere e lasciato dalla ragazza, Johnnie si riscatterà partendo all’inseguimento della sua amata locomotiva, su cui si trova anche Annabelle, rubata da un commando nordista guidato dal Capitano Anderson (Glen Cavender). Il protagonista ritroverà la locomotiva, ma senza la ragazza e, dopo un lungo girovagare, giungerà oltre le linee nemiche, salverà Annabelle e scroprirà i piani di attacco contro i sudisti che sventerà facendo saltare un ponte. Dopo aver catturato un generale nemico, verrà decorato e costretto a partire per il fronte.

Una commedia epica, il primo film comico-storico della storia del cinema, liberamente tratto da un romanzo di William Pettenger ispirato a sua volta ad un fatto accaduto nel 1862 allorché i nordisti cercarono di interrompere la linea ferroviaria Chattanooga-Atlanta. “La storia vista attraverso la maschera impassibile di un innocente individualista, che non sembra rendersi conto di quanto accade intorno a lui” (Mereghetti). Ogni trovata visiva della prima parte è amplificata nella seconda, tutto è giocato tra parallelismi e simmetrie (i nordisti seminano di ostacoli i binari per rallentare il protagonista, ma nella seconda parte sono costretti a liberarla da quelli lasciati da Keaton). Un modo per evidenziare ancora di più l’assoluta follia della guerra.

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Nella foto a sx.: The General (1927) Keaton  evidenziò una volta di più la follia della guerra

Il tutto venne realizzato senza trucchi o modellini: il ponte venne fatto saltare per davvero al passaggio del treno “nordista” al punto che i rottami rimasero visibili per molti anni. Probabilmente il più sbalorditivo evento realizzato per un film comico (e non solo).

Tornò infine un classico di Keaton: quello che vediamo è un lieto fine? Johnnie Gray chiedeva ad inizio film due cose, The General e Annabelle, e non ottiene nessuna delle due. Il film, inserito nel 2007 al diciottesimo posto tra i migliori 100 film americani di tutti i tempi, non venne compreso da critici e pubblico dell’epoca al punto da essere considerato un autentico fiasco finanziario.

Le interferenze dei produttori si fecero così più pressanti e vennero imposti a Keaton nuovi collaboratori, tra questi il regista James Wesley Horne, autore di alcune comiche di Laurel & Hardy, che diresse College (Tuo per sempre, 1927). Ronald (Buster Keaton) per conquistare la bella Mary Haines (Anne Cornwall) si iscrive al college e cerca di eccellere in diverse competizioni sportive. Sfiderà, vincendo, il rivale Jeff Brown (Harold Goodwin). Un film comico molto conenzionale che poteva essere interpretato da chiunque (o quasi).

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Nella foto a dx.: College (1927)

I dissidi con i produttori diminuirono e Keaton ebbe nuovamente “carta bianca” per il successivo Steamboat Bill Jr. (Io… e il ciclone o Bill Jr del vaporetto, 1928) diretto da Charles Reisner, già attore in The Kid (Il monello, 1921) di Charlie Chaplin.

Una forte rivalità divide i proprietari di due battelli fluviali: William “Steamboat Bill” Canfield Sr. (Ernest Torrence) possiede un mezzo vecchio e sgangherato, mentre John James King (Tom McGuire) ne possiede uno moderno ed efficiente. Il ritorno del figlio William Canfield Jr. (Buster Keaton) aumenta la contrapposizione anche perché al college, il giovane si è innamorato di Kitty (Marion Byron) la figlia di King. Si riscatterà salvando i genitori rivali e la ragazza da un ciclone.

Keaton non firmò la regia di un film che di memorabile ha soprattutto la scena del ciclone, girata sul fiume Sacramento in California.

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Nella foto a sx.: Steamboat Bill Jr. (1928)

Dal 1926, da quando cioé Joseph M. Schenck diventò un dirigente della United Artists, i film di Keaton vennero distribuiti dall’UA che portò nelle sale The GeneralCollege e Steamboat Bill Jr. che fu l’ultimo film pensato e realizzato in prima persona da Buster. Il regista, infatti, nel 1928 commise, per sua stessa ammissione, l’errore più grande della sua vita facendosi convincere dall’amico produttore a vendere i suoi studios, piccoli, ma indipendenti, per approdare alla corte della nascente MGM, divenuta in breve tempo la casa delle star (Greta Garbo, Lon Chaney, Lionel Barrymore).

Keaton scrisse nell’autobiografia: “Fin dall’inizio ero contrario a passare alla MGM. Pensavo che mi sarei sentito perso a fare i miei film in uno studio così grosso. Quando John insisté, chiesi a Charlie Chaplin cosa ne pensava”. “Non lasciarglielo fare, Buster” fu la risposta dell’amico, della stessa opinione anche l’altro grande Harold Lloyd. Ancora Keaton: “Sia lui che Charlie avevano mantenuto i loro studios e la loro troupe. I film erano ottimi e guadagnavano tantissimo”. Ma alla fine si arrese e approdò alla MGM.

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Nella foto a dx.: The Cameraman (1928)

La perdita di libertà e autonomia, per Keaton, non fu immediata. Il primo film per la Metro-Goldwyn-Mayer fu il suo ultimo capolavoro: The Cameraman(Il cameraman o Io… e la scimmia, 1928) co-diretto da Edward Sedgwick.

Luke Shannon (Buster Keaton) è un cineamatore che cerca in ogni modo di farsi assumere dalla MGM dove lavora la giovane Sally Richards (Marceline Day) di cui è innamorato. I suoi filmati, tuttavia, sono un’accozzaglia di immagini sconnesse, incomprensibili. Per aiutarlo, la ragazza gli suggerisce di andare a riprendere una rissa in corso a Chinatown, ma sarà una scimmietta raccolta per strada ad aiutarlo sia nelle riprese sia a recuperare la pellicola contenente il suo eroico salvataggio di Sally che stava per annegare. Viene finalmente assunto e una volta uscito per strada vede una folla osannante, pensa sia per lui, ma in realtà è per Charles Lindbergh ritornato dalla trasvolata oceanica.

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Nella foto a sx.: Noto in Italia come lo… e la scimmia, The Cameraman fù l’ultimo capolavoro di Keaton

Una  sorta di “film testamento”, una “summa keatoniana” in cui il protagonista è sempre fuori posto. Ma The Cameramanfu anche un sunto dei rapporti tra cinema e realtà (iniziato con Sherlock jr.) e, forse, una critica al mondo del cinema di cui mette a confronto due tendenze opposte: lo sperimentalismo dei primi video del protagonista (che ricordano Dziga Vertov) e il racconto più tradizionale che può essere girato anche da una scimmia. Al film parteciparono 22 autori che Keaton, per l’ultima volta, mise a bada.

Il successivo lavoro fu l’ultimo film muto di Buster Keaton. Il 6 aprile del 1929 uscì nelle sale Spite Marriage (Io… e l’amore o Matrimonio di ripicca) ancora diretto insieme a Edward Sedgwick.

L’imbranato sarto Elmer (Buster Keaton) indossando l’abito di un suo cliente riesce ad avvicinare Trilby Drew (Dorothy Sebastian) l’attrice di cui è innamorato, che lo sposa per far dispetto ad un collega Lionel Belmore (Edward Earle). La ragazza lascerà presto il giovane sarto per scappare con l’attore, ma i due verranno rapiti da dei contrabbandieri e saranno liberati da Elmer che conquisterà definitivamente l’amata.

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Nella foto a dx.: Spite Marriage (1929)

L’ultimo film di cui Keaton fu protagonista, ma che segnò profondamente la sua vità sentimentale: sul set si innamorò di Dorothy Sebastian. La loro relazione alla luce del sole, che ruppe il patto con la famiglia Talmadge, fu intensa, fatta di complicità e divertimento, ma finì presto poiché il matrimonio di Buster era un vincolo troppo forte. I due si riuniranno nel 1937 finalmente liberi,per poi separarsi definitivamente pochi anni dopo allorché Keaton conobbe Eleanor Norris che nel 1940 divenne la sua terza moglie.

Tornando al cinema, Spite Marriage fu il canto del cigno di uno dei più grandi della storia. Prima di Keaton la comicità era grossolana. Buster fu il più grande creatore di immagini comiche che il cinema abbia conosciuto. Pensava come un architetto e con le sue intuizioni aiutò l’evoluzione del cinema in un’epoca in cui l’immaginazione dei registi non faceva paura ai produttori. Ma i sogni di Keaton erano più grandi dei suoi incassi e la MGM lo relegò a semplice attore, anche perché il cinema aveva scoperto il sonoro.

 

da: ancorafischia.altervista.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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