Teologia del sacrificio nell’Italia ingovernabile
Le coordinate del nuovo Papa suggeriscono questa parziale indicazione. Padre Bergoglio, il Gesuita che porta il nome di San Francesco d’Assisi, viene da una compagnia che conta un’intellighenzia di 35mila persone, fondata nel 1534 con l’intento di eliminare le dottrine neoplatoniche negli stati.
Una linea comunicativa e un portfolio perfetto, per assumere un ruolo rilevante nella dismissione progressiva degli stati, a favore di una maggiore concentrazione di risorse, in un processo dicontinentalizzazione fatto in nome e per conto delle oligarchie ecomiche di fortezza Europa. Intorno a questo solco dobbiamo interrogarci su quali siano gli strumenti adeguati di azione, evitando di lasciare a Grillo il compito di coprire il buco dovuto all’assenza di un movimento antisistemico. Ma quali sono gli strumenti adatti?
Alcuni suggerimenti, un antidoto simmetricamente opposto e confliggente, lo possiamo trovare intorno alla teologia della liberazione, strumento che in sud america ha ispirato tantissimi sacerdoti e vescovi che hanno denunciato e lottato contro le nefandezze del capitalismo. Usando alcune tesi di questa teologia possiamo dire che: la salvezza cristiana include una “liberazione integrale” dell’uomo, compresa la liberazione economica. La poverta è un peccato sociale e non esistono solo peccatori ma anche persecutori che opprimono le vittime del peccato. Quindi, in altre parole, dobbiamo opporre al peccato del debito, il peccato della povertà.
La “teologia del sacrificio” è nostra nemica e per ribaltare questa narrazione abbiamo bisogno di ripartire dalle esperienze concrete di liberazione. Nella costruzione di alterità, nella sottrazione e nel rifiuto del comando centrale troveremo sempre le coordinate della nostra azione. Senza affanno e nella buona prassi del dubbio è importante muovere i primi passi. Usando il titolo di un libro della teologia della liberazione: camminando s’apre il cammino.
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