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Intervista con Alfa Kappa Atene (parte I)

Interviste sull’OXI | 
 

Una nuova intervista sulla e dalla Grecia. Abbiamo intervistato, nella settimana tra l’Oxi e il nuovo memorandum, due compagni del Movimento Anti-autoritario (AlfaKappa). Essendo molto lunga, l’abbiamo divisa in due parti. La prima, che pubblichiamo qui di seguito, fa una genealogia del movimento libertario greco dagli anni 80/90 ai giorni nostri,  soffermandosi con particolare attenzione sui limiti del movimento complessivo nel frangente del Movimento delle Piazze tra l’estate del 2011 e l’inverno del 2012.

 

Puoi ricostruire per sommi capi la storia del movimento in Grecia?

Devi capire che il movimento greco nella sua parte sociale era completamente dominato da formazioni staliniste. C’era il partito comunista e altre formazioni della sinistra extraparlamentare dalla forte tradizione stalinista. Dopo la dittatura c’era il partito comunista e altri gruppi maoisti. Alla fine degli anni settanta c’era però una grossa fetta di attivisti che non si rappresentava più nelle tendenze maoiste. Da una parte infatti avevamo l’emergere delle controculture e dall’altra una forte spinta verso la lotta armata. I tradizionali gruppi extraparlarmentari non potevano soddisfare queste esigenze. In pochissimo tempo, nel giro di due o tre anni, la gioventù formò quello che chiamiamo il movimento anarchico greco. I suoi tratti fondanti erano una critica verso i modelli socialdemocratici consumistici, la critica dello stalinismo, le controculture e la promozione delle occupazioni. Introdusse inoltre una serie di tematiche estranee alla tradizione dei partiti di sinistra come le questioni ecologiste e le lotte nel tessuto metropolitano. Questo genere di movimento non ha mai avuto ambizioni di penetrazione sociale. Aveva piuttosto un orientamento antisociale e marcatamente identitario. Il tratto della clandestinità ad esempio era parte della sua identità. Questi caratteri perdurarono per tutti gli anni ’80. Negli anni ’90 ci fu un riflusso. Il movimento restò isolato e ci fu una massiccia penetrazione delle droghe. Tutto questo mostrò la fondamentale mancanza di struttura e strategia del movimento. Una parte considerevole del movimento sopravvisse in clandestinità e nella pratica della lotta armata. Il 1995 segnò l’emergere di un’altra generazione, quella che chiamiamo la “Generazione del Politecnico”, ciò che accadde fu che durante lo sciopero della fame di alcuni detenuti anarchici imprigionati per rapina ci furono manifestazioni di solidarietà e nel giorno in cui si celebrava la caduta della dittatura, il 17 novembre, il movimento anarchico occupò il Politecnico a seguito di numerosi scontri: 500 compagni circa furono arrestati a seguito dell’attacco che la polizia condusse invadendo il Politecnico. Quell’anno rappresentò una vera cesura nella storia del movimento greco. Ad esempio tutti gli anarchici che vengono oggi arrestati per attività clandestine o sovversive, come gli appartenenti ai gruppi armati, vennero arrestati in quei giorni del 1995. Eppure sembra fosse il colpo di coda di una parabola discendente del movimento, perché anche dopo il 1995 continuò la fase di crisi nell’approfondimento dei suoi caratteri di un intervento anti-sociale nella società greca. Il tentativo di  orientare l’agire politico a un intervento sociale risale a dopo 2003 e specialmente nel ciclo di lotte universitarie del 2006/07 contro il Bologna Process. Dopo la rivolta del dicembre 2008 si possono rintracciare chiaramente le esperienze di intervento del movimento anarchico su più settori della società greca: scuole, lavoro e in particolar modo nei quartieri.

Il movimento anti-globalizzazione giocò un ruolo fondamentale nel condizionare questo genere di cambio di orientamento. Alfa Kappa fu molto influenzata da questo ciclo. Almeno 20 autobus con molti appartenenti al movimento anarchico partirono dalla Grecia alla volta di Genova. Dopo il 2003, come AK, iniziammo, lentamente ma stabilmente, un intervento sul terreno sociale, a partire dalle università in riferimento alle questioni universitarie e non come semplice spazio di agitazione politica. Iniziammo ad avere a che fare con problematiche del tutto estranee al patrimonio del movimento fino a quel momento: lotte per i pasti gratuiti, disoccupazione (in quel periodo molte imprese iniziarono a delocalizzare in Bulgaria). Iniziammo anche un intervento stabile a Perama, il sobborgo più povero del Pireo nel quale sono molto forti le organizzazioni dei portuali legate al KKE. Negli ultimi 5 anni però, in questi territori di storico radicamento della classe operaia greca, c’è stata una grossa crescita di Alba Dorata.

Ci sono stati altri progetti con i quali abbiamo provato a stabilire dei legami con una composizione reale socialmente radicata non avanzando rivendicazioni massimaliste o la realizzazione di una società anarco-comunista ma invece lottando per aumenti salariali o contro la chiusura di alcune fabbriche. Un altra tappa importante che ha sancito il tentativo di un intervento sociale per AK come priorità è stata la rinnovata concezione dei centri sociali a partire da Nosotros, che è stato nel 2005 il primo centro sociale in Grecia costruito non come struttura ideologica ma in una maniera più aperta e sociale. Questo fu importante perché ruppe molti tabù delle passate identità politiche interne al movimento i cui squat erano frequentati solo da punk e anarchici, e liberò molte energie rendendo gli spazi di movimento attraversabili da una più ampia composizione di “sinistra” e da soggetti non direttamente politicizzati. Questa dinamica si potenziò nei due anni successivi preparando i militanti al ciclo di lotte universitario del 2006/07 in quanto già in comunicazione con le dinamiche sociali che attraversavano il centro sociale. Dopo la rivolta del dicembre 2008 questo modello di centro sociale venne adottato anche da altre componenti dell’area sociale del movimento anarchico.

Il movimento studentesco delle università del 2006/07 fu importantissimo. Anche senza gli anarchici era un movimento di massa. Invase le strade con grossi numeri e con grande protagonismo. Chi partecipò direttamente al movimento si radicalizzò, chi non ci partecipò direttamente ne fu comunque coinvolto. Per la prima volta in maniera determinante il movimento anarchico si ritrovò davanti al dilemma se separarsi dai processi di attivazione sociale e produrre iniziativa sulla propria identità politica (ciò sarebbe stato possibile in maniera incisiva sul movimento di massa anche grazie al crescente numero di militanti anarchici in quel periodo) oppure se mediare la propria identità con quel flusso cercando di trasformarlo dall’interno.

 

Syriza era già presente?
 

Syriza non era parte di questo movimento universitario. Durante gli anni 2000 una piccola parte di Syriza partecipava certamente alle lotte ma non aveva alcun tipo di peso in queste. Sosteneva le istanze anti-globalizzazione. L’emergere di Syriza nei contesti sociali si può rintracciare nei grandi assembramenti in piazza Syntagma e nel movimento delle piazze del 2011. Dopo il dicembre 2008 si formarono alcune assemblee di quartiere. In queste assemblee si potevano rintracciare anarchici e militanti di sinistra ma soprattutto abitanti dei quartieri. Syriza fu l’unico partito che riuscì a capitalizzare politicamente quelle assemblee a proprio vantaggio. Sfruttarono la forma di partecipazione di queste assemblee. Dopo l’esplosione nelle piazze del 2011 infatti il movimento si disperse riterritorializzandosi nei quartieri. Qui c’è il maggior intervento di Syriza nel movimento con una penetrazione dei suoi militanti nelle assemblee di quartiere per egemonizzarle come direzione politica non per esserne parte fino in fondo. Ad ogni modo alcuni membri di Syriza erano effettivamente interni a quelli spazi politici.

Questo fu possibile anche come prodotto della mancanza di strategia da parte del movimento e di coordinamento tra i soggetti di movimento.    Per esempio, c’erano tantissime assemblee di quartiere molto attive, tanti anarchici e autonomi avrebbero potuto egemonizzarle ma mancavano di una strategia comune, mentre Syriza l’aveva, sebbene a un livello basso: “manteniamo la calma, conduciamo una lotta pacifica e votate per Syriza”. Aveva inoltre la disponibilità di militanti che potevano portare avanti questa strategia 24 ore al giorno sette giorni su sette alla settimana. Ora Syriza riprende le strutture organizzative che quel movimento già si diede: risalgono a quel tempo, ad esempio i primi esperimenti di ambulatori popolari autorganizzati nei quartieri; in seguito Syriza ha ripreso questa idea sorta dal basso potenziandola con capacità a sua disposizione e grazie alla disponibilità finanziaria di creare i suoi propri ambulatori popolari.         

 

Qual’è fu il momento di maggior sviluppo e forza delle assemblee di quartiere?

Il periodo d’oro di queste assemblee di quartiere va dalla fine del Movimento delle piazze, nelle estate del 2011, tra l’autunno e l’inverno del 2011 fino al 2012 si svilupparono le assemblee di quartiere. Fu l’ultimo grande momento del movimento autorganizzato in Grecia. Finì il 12 febbraio 2012 quando ci fu la più grande manifestazione mai tenutasi ad Atene con centinaia di migliaia di persone che si scontrarono con la polizia, attaccarono la grande proprietà privata e occuparono il Municipio contro la firma del secondo Memorandum. A oggi restano solo due/tre assemblee di quartiere che lavorano su progetti ad hoc.

 

Questa esperienza produsse nuovi militanti di Syriza o che vennero assorbiti da Syriza?
 

Sì. Durante la crisi, non prima, neanche durante il dicembre 2008, successe che molti vecchi militanti della sinistra si reintegrarono nelle lotte sociali. Erano compagni che non volevano più  avere a che fare con la sinistra stalinista e che vedevano nelle assemblee popolari un terreno interessante. Alcuni di loro erano molto radicali, vicini perfino alle tendenze dell’anarchismo sociale. Questa fetta di militanti venne interamente assorbita da Syriza. Ci fu l’incapacità da parte del movimento anarchico, autonomo e antiautoritario in genere di integrare questi compagni. Avrebbe potuto farlo. Ancora infatti c’è un’interazione tra il movimento e questa particolare segmento di composizione militante che però di fatto è ora tutta interna a Syriza.

La cosa interessante è che questi militanti non si avvicinarono alle lotte come membri di Syriza. Dopo il febbraio 2012 ci fu interrompersi della riproduzione delle forme politiche adottate fino a quel momento dal movimento. Ci fu anche un pesante attacco conservativo e repressivo da parte dello Stato su più livelli. Emerse in quel periodo Alba Dorata. La gente perse fiducia nel movimento e rifluì in Syriza.

 

Pensate che questo riflusso fu causato dai limiti interni al movimento, all’emergere di Syriza oppure un effetto dell’approfondirsi della crisi con l’approvazione del memorandum e l’incapacità di rispondervi?

Direi che sia Syriza che la crisi giocarono un ruolo nel declino del movimento. Ma vorrei sottolineare un altro elemento: gli ultimi cinque anni sono stati un periodo di grossa repressione da parte dello Stato. Non c’è nella storia greca recente un momento che abbia espresso in maniera così profonda questa volontà di svolta a destra. Samaras e Nea Dimokratia rappresentarono il contrattacco dello Stato con politiche di estrema destra. In quel periodo di rafforzarono molti deputati di Laos (partito di destra vicino alle posizioni di Alba Dorata). Non era solo un’esigenza tattica di silenziare il movimento ma ci fu un riemergere in campo istituzionale di un retroterra politico ideologico orientato a destra che aveva il desiderio e la volontà di sopprimere il movimento. Anche Syriza si radicalizzò in questo contesto.

Ma compartecipe del declino del movimento fu soprattutto la mancanza di una strategia e di un coordinamento per formare qualcosa di maggiormente costituente e solido con un progetto adeguato a immaginare i passi da intraprendere. C’era ancora troppo identitarismo, troppe convinzioni della “vecchia scuola”, ideologie obsolete e tutte le componenti del movimento libertario non furono capaci di fornire del risposte adeguate perché quando la crisi si approfondisce la società individualistica fornisce le sue proprie risposte. La prima volta nella storia greca che questi individui della società atomizzata si sono affacciati alla politica è stato con il Movimento delle piazze e quando il movimento si è esaurito e nessuna risposta o prospettiva è emersa gli individui si sono ritratti consegnandosi alla delega. Questa fu una risposta alla mancanza di progettualità da parte del movimento che si rivolse o a Syriza o ad Alba Dorata, le due opzioni radicali contro l’attacco neoliberale. Non a caso la crescita sia di Syriza sia di Alba Dorata coincide con l’esaurirsi del Movimento delle piazze.

 

La composizione del Movimento delle piazze era certamente solcata da una linea di classe ma anche profondamente ambigua e spuria al suo interno, con istanze confuse anche venate di spinte patriottiche.

Sì. La stragrande maggioranza non aveva mai partecipato a nessun momento politico in precedenza, né faceva riferimento a formazioni politiche preesistenti. Era una situazione molto ambivalente. Se avessimo ascoltato l’opinione di chi ne denunciava il carattere confuso e fascisteggiante avremmo corso il rischio di un intervento immediato dei fascisti nelle piazze portando tutti dallo loro parte. Eravamo in campo aperto. Mancavano scioperi e manifestazioni che ci aiutassero a portare invece la gente dalla nostra parte o vicini alle concezioni espresse dal movimento. Al contrario però c’era tanta gente che poteva fornire risposte al nostro movimento. Infatti uno degli elementi chiave del nostro metodo è che non abbiamo in partenza delle risposte ma proviamo a interagire socialmente e socializzare nella lotta le questioni delle volte è molto più fruttuoso che avere delle risposte pronte. Da questo punto di vista il Movimento delle piazze portò solo benefici al movimento autonomo e conflittuale aprendogli un campo sociale.

 

Il Movimento conflittuale fu capace di intervenire nel movimento delle piazze?

Sì, in una maniera molto produttiva. Ma non per le vecchie formazioni, ad esempio quelle di ispirazione leninista-maoista si presentarono con stendardi con citazioni marxiste e furono respinti. Così queste formazioni finirono per accusare il Movimento delle piazze di essere fascista. Era una strategia dei compagni più acuti quella di esprimere cose più astratte con le stesse parole usate dalla gente. Un nostro slogan fu ad esempio “Dalla democrazia reale alla democrazia diretta”.

Ad ogni modo, se una parte del movimento riuscì a intervenire nelle piazze ci fu all’interno una chiara frattura. C’erano due opinioni nettamente distinte. Una parte del movimento, che era anche la nostra come AK, sosteneva che dovevamo intervenire nelle piazze perché lì si sviluppavano dinamiche sociali potenti e si presentavano molte possibilità di trasformazione; un’altra considerevole parte del movimento, con una prospettiva elitaria, riteneva invece che bastasse andare nelle piazze e urlare i propri cori. Ad esempio ricordo un manifesto di un gruppo autonomo che al periodo recitava la frase: “non ammaineremo mai la bandiera proletaria in favore delle bandiere greche di piazza Syntagma”. Questo è un esempio che dimostra l’opinione negativa e il pregiudizio che serpeggiava nel movimento rispetto alle contraddizioni delle piazze. Se tu parlassi ora con quegli stessi compagni ti direbbero che le piazze non portarono alcun beneficio al movimento e che furono la principale causa dell’ascesa di Alba Dorata. Per loro l’esperienza delle piazze è stata la legittimazione dei fascisti agli occhi della società greca. A mio avviso questo non è del tutto erroneo ma è certo una verità parziale che non coglie il fatto che fu proprio la mancanza di una presenza massiccia dei compagni a creare le possibilità di intervento per i fascisti.

 

Chi, all’interno del movimento, fu presente nelle piazze?

Noi come AK eravamo presenti e posso ricordare solo altri piccoli gruppi. Una parte di Antarsya pure partecipò. Anarco sindacalisti. Individualità provenienti dal movimento. Anarchici provenienti dalle assemblee di quartiere. Ma non la maggioranza del movimento radicato in Exarchia, che invece manteneva una prospettiva elitista. Ripeto, se il movimento a quel tempo e nella sua interezza, avesse avuto come priorità l’intervento nelle piazze avrebbe raggiunto risultati considerevoli. Allo stesso posso affermare che per intervenire politicamente su quella composizione sociale di classe in quella situazione non era affatto facile. Bisogna adottare una prospettiva e un linguaggio assolutamente de-idelogizzati per interagire. Questo non era nelle corde della maggior parte del movimento.

 

Qual era l’atteggiamento delle istituzioni e della polizia nei confronti del Movimento delle piazze?

Inizialmente le istituzioni lo sostenevano, perfino i neoliberali. Lo comparavano al movimento spagnolo degli Indignados, considerandolo così un buon movimento, portatore di istanze di innovazione sistemica, senza estremismi e molto pacifico. Questo fu per loro un tragico errore. Non riuscirono a comprendere in primo luogo che la crisi era stata molto profonda in Grecia e inoltre non colsero il fatto che esisteva un movimento conflittuale radicato che poteva intervenire all’interno del Movimento delle piazze. L’attacco sistemico era stato talmente forte da parte delle istituzioni e delle coalizioni di governo con il memorandum che l’esplodere della conflittualità in piazza Syntagma fu solo una questione di tempo. Quando ci furono i primi scontri le controparti e le forze istituzionali provarono a giocare la carta black bloc (koukouloforos scenario): infiltrati violenti avevano rovinato manifestazioni con rivendicazioni giuste ma pacifiche. Questa strategia dei media e della politica però fallì rapidamente. In quella piazza chiunque poteva chiaramente vedere gente adulta, cinquantenni a volto scoperto attaccati dalla polizia che si attrezzavano per rispondere con una resistenza reale e attiva. In questa circostanza si affermò sistematicamente la tecnica poliziesca di attaccare pretestuosamente i manifestanti senza fare arresti perché la priorità era quella di colpire e impaurire la gente normale che per la prima volta si avvicinava alle manifestazioni: questo comprendeva una violenza spropositata da parte della polizia, l’impiego massiccio di gas, l’investire con le moto i manifestanti. Era una pratica di terrorismo di Stato organizzata che si sistematizzò in quel periodo.

 

Puoi esemplificare il Movimento delle piazze con qualche immagine?

Descriverò un giorno significativo a piazza Syntagma: era il 15 di giugno, il giorno prima dell’approvazione del Memorandum, quindi c’era una grossa mobilitazione generale. A Syntagma c’è la parte alta, davanti al Parlamento, e la parte bassa, con la piazza vera e propria. La parte alta era popolata sopratutto da bandiere greche con slogan anti-politici, patriottici o populistici, contro la corruzione ad esempio. Nella parte bassa c’erano tende e accampamenti attorno ai quali si svolgevano le assemblee. C’era anche la radio autogestita, formatasi nel dicembre 2008 nella facoltà occupata di Giurisprudenza, che trasmetteva da quella parte della piazza. Si tenevano piccole iniziative, come dibattiti o assemblee tematiche. Anche in quel giorno.

La parte alta e la parte bassa della piazza si organizzavano in un’assemblea generale comune. Questa assemblea generale le cose prioritarie che andavano fatte e le dava in consegnava alle assemblee minori: l’assemblea dei media, quella per i pasti, quella per l’intervento nei quartieri.  Alcune di queste assemblee, come l’assemblea di contesto politico, a loro volta definivano alcune mozioni che venivano messe ai voti nell’assemblea generale definendo la piattaforma di piazza Syntagma. La nostra priorità come AK inizialmente fu quella di intervenire in questa assemblea sul contesto politico.

Era un po’ come ci immaginiamo la Comune di Parigi. Tutto era aperto a tutti e tutti potevano proporre dibattiti o assemblee sulle tematiche più varie: perfino su alcuni argomenti della tradizione conservatrice. Sarebbe stato molto importante per il movimento avere una presenza capillare in questi momenti per fornire un background politico e delle linee strategiche.

Il 15 giugno la partecipazione era massiccia con anche una forte presenza degli anarchici che non erano intervenuti molto nelle dinamiche della piazza fino a quel momento. Mi pare di ricordare anche un piccolo corteo di anarchici raggiunse la piazza quel giorno.

Improvvisamente ci fu un attacco coordinato da parte della polizia in più punti della piazza che provò a spingere la gente fuori dalla piazza. Ma la gente non voleva abbandonare il terreno. Così iniziò un contrattacco di massa nei confronti della polizia. La composizione della piazza si mescolò in questo attacco: la parte alta della piazza si mescolò con la parte basse, classe media, studenti, piccolo borghesi, anarchici, gente sciolta, uomini, donne, tutti si unirono. Fino a quel momento le due parti della piazza non si erano incontrate. Ci rendemmo conto in quel momento della separazione che c’era ma i cui contorni non erano mai apparsi nettamente: ad esempio alle volte giungevano voci che c’era una presenza di fascisti nella parte alta della piazza e quando salivamo su venivamo placati da chi diceva “lasciamo perdere, siamo tutti fratelli, non dobbiamo combattere tra di noi ma contro il sistema corrotto”. Non c’era una reale interazione tra le due parti della piazza. La parte superiore della piazza aveva tratti talmente populisti che qualsiasi slogan non connotato politicamente veniva immediatamente ripreso.

In quel 15 giugno gli scontri proseguirono ad alta intensità per circa quattro ore. Molto gas venne sparato, come in una zona di guerra. Ci furono dei momenti surreali in cui alcuni iniziarono a ballare su un canzone tradizionale cretese: lentamente crebbe un cerchio di circa 60/70 persone che ballavano in mezzo agli scontri. Fu un’esplosione di creatività. Ma ciò non riuscì a dare seguito a nient’altro. In Spagna, ad esempio, durante il movimento degli Indignados, la maggior parte del movimento autonomo e conflittuale dopo un mese valutò che se tutto fosse continuato a quella maniera ci sarebbe stato un rapido declino. Così in Syntagma eravamo forti ma a un certo punto prendemmo una decisione collettiva di spostarci nei quartieri, per tradurre la lotta su un altro livello. Questo ebbe un grosso risalto. Il 15 luglio, quando la città era deserta, ci fu l’ultima assemblea collettiva dove si decise per l’occupazione permanente di piazza Syntagma. Ma gli stessi che presero questa decisione il giorno successivo partirono.

Un altro punto di blocco del Movimento delle piazze fu rappresentato dall’impossibilità di uscire dal dilemma Memorandum o no. La nostra strategia fin da principio, che fu anche pretesto di un grosso dibattito con altre formazioni staliniste ed extraparlamentari, fu quella di mettere al centro le questioni in ballo nel Memorandum. Così quando il Memorandum venne approvato e poi applicato la maggior parte dei partecipanti al Movimento delle piazze visse questo come una sconfitta. 

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