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Balcani: se il no alla corruzione è lotta contro la crisi

 

Non è una tematica isolabile alla regione balcanica. In Spagna ad esempio questo fenomeno ha avuto una forte implicazione di movimento (l’attacco ai partiti politici erano motivati fortemente dai casi di corruzione che scuotevano PP e PSOE).

In Italia possiamo dire che questo tema è stato egemonizzato da quella componente grillino-savianista-travaglista che l’ha riportata in ambito compatibile o quantomeno messa al servizio del movimento 5 stelle e del suo “Tutti a casa!” rivelando comunque la sensibilità dell’opinione pubblica a questo tema. In Egitto e Tunisia la repressione brutale delle popolazioni si basava su un sistema di espropriazione dilagante della ricchezza comune che era il fine ultimo (insieme a quello geopolitico) dei regimi di Mubarak e Ben Ali.

Ma veniamo alla regione balcanica. Riguardo a paesi come Serbia, Croazia, Albania, Romania, Kosovo, Bosnia..svariati rapporti hanno affermato che un cittadino su 6 di fronte ad un funzionario pubblico (per qualunque tipo di motivo) ha a che fare con fenomeni di corruzione, che significa ovviamente un maggiore costo per accedere a determinati prestazioni, servizi oltre che l’impossibilità di avere qualche cambiamento ad opera delle forze politiche.

Eppure la vulgata dominante a riguardo era che l’apatia delle popolazioni -unita all’ovvia mancanza di volontà di portare avanti riforme strutturali da parte dei governi- bloccasse ogni possibilità di cambiamento. Bene, dal primo di questi due elementi qualcosa sembra muoversi..

In Slovenia l’indignazione popolare ha permesso la caduta di un governo, e addirittura la commissione speciale nazionale che fece cadere il premier è stata costretta poi dalla piazza insorgente ad attaccare anche il principale leader dell’opposizione. Le mobilitazioni promosse a Maribor e Lubiana sentivano in maniera fortissima il tema della corruzione dei politici, su scala locale oltre che nazionale.

Dal sindaco di Lubiana e leader del partito di maggioranza relativa Zoran Jankovic (coinvolto in un’inchiesta sulla costruzione di un complesso sportivo multimilionario), al capo del governo Janesz Jansa (implicato nella concessione fraudolenta di un grosso appalto militare all’azienda finlandese Patria), al neoeletto presidente della repubblica Borut Pahor tutti i principali leader politici del paese sono finiti sotto attacco dei movimenti che hanno innalzato il loro “que se vayan todos!”, ovvero “gotof si!“..siete finiti!

La Bulgaria è chiamata da anni “la patria della corruzione”. I processi di aggiustamento di bilancio propedeutici all’entrata nell’UE hanno del resto offerto possibilità incredibili di arraffamento alle elites; ma la crisi energetica di questo inverno ha definitivamente aperto uno squarcio anche nella normalità di questo paese, portando a violente manifestazioni di piazza capaci di legare l’aumento delle tariffe all’ingordigia della sua classe politica.

Da sottolineare come anche l’esplosione della gioia di essere dentro l’UE e di pensare di potersi finalmente vedere riconosciuta una pari dignità rispetto ai cittadini del continente sia sprofondata. Sprofondata di fronte alla presa di coscienza di un cambiamento pressochè assente sia a livello di ascesa economica sia nella considerazione estera dei migranti bulgari; che insieme ai romeni vengono ancora trattati cittadini di serie B dalle opinioni pubbliche e soprattutto dagli imprenditori dei principali paesi europei..

Gli stessi scontri avvenuti in Albania nel gennaio 2011 erano dovuti alla corruzione dilagante nel paese, in seguito alla pubblicazione di un video con il vice-Primo ministro e ministro dell’Economia Ilir Meta e l’ex ministro Dritan Prifti. Durante la conversazione i due contrattavano le direttive per la concessione degli appalti a chi avesse versato le tangenti. Lo stesso ministro dell’Economia nel video ammetteva di aver ricevuto circa 700 mila euro in tangenti. Dopo le rivelazioni Meta fu costretto a dimettersi, ma le mobilitazioni non ebbeno seguito su scala più ampia.

In Romania gli scontri del 2012 furono dettati anche dall’opposizione ad una riforma del sistema sanitario che lungi dal risolvere la corruzione endemica di quel settore ne avrebbe invece aggravato le cause. Si prevedeva infatti di permettere a privati di costruire e gestire aziende ospedaliere, cosa che in parallelo al ritiro dell’investimento statale dovuto ai vincoli di bilancio previsti dall’Ue avrebbe di fatto privatizzato il diritto alla salute.

Possiamo abbozzare quindi una riflessione. E’ evidente che da parte della controparte, scaricare le responsabilità della corruzione su persone specifiche (facendo cosi emergere il teorema della mela marcia in un sistema tutto sommato funzionante) è la tattica usata per evitare mettere sotto attacco le fondamenta del sistema economico. Si può di conseguenza, rimanendo sul terreno dell’analisi di classe, affermare il carattere insufficiente di manifestazioni giustizialiste tipo quelle portate nel corso degli anni da noi da soggetti come il Popolo Viola.

Il problema però di chi afferma che è il sistema che produce corruzione e non la seconda che corrode il primo, è capire come la lotta alla corruzione possa diventare fattore di mobilitazione di classe, di attivazione orientata alla trasformazione dell’esistente. E per fare questo, come fatto in Slovenia e Bulgaria, il tema della corruzione va innegabilmente legato alle storture e alle diseguaglianze provocate dalla teoria e dalla prassi neoliberale.

Le riforme economiche presenti nella BalkanPolitik europea sono quelle che hanno lasciato campo libero a nuove elites predatorie. Basti pensare a quello che significa l’enorme flusso di denaro scaturito dalle privatizzazione di tlc, grandi industrie, servizi pubblici sulle possibilità di arricchimento dei politici e non solo. Per rimanere nei Balcani basti pensare ad Ivo Sanader, ex premier croato ora agli arresti in Austria, ma uscendo dall’area balcanica pensiamo agli oligarchi russi per capire cosa può determinare il modello di sviluppo all’occidentale..

L’Europa stessa a volte ha fatto la faccia dura contro la sostanziale dipendenza del sistema giudiziario dal controllo politico, contro il finanziamento illecito e spesso di origine mafiosa ai partiti politici, contro le discipline sugli appalti pubblici..ma ovviamente non ha mai preso in considerazione provvedimenti che potessero fare uscire dalla morsa del ricatto i lavoratori a basso costo dei Balcani e dell’Est Europa necessari per mantenere a galla la sua fragile economia!

E’ ovvio che se tutto ciò viene associato alla crescita di un forte euroscetticismo, e vi si combina l’insofferenza con i regimi precedenti, siamo di fronte ad una cesura epocale nella Regione. Le nuove generazioni cresciute con il racconto dei genitori sul passato “comunista” e che vivono invece sulle loro spalle la tragedia della BalkanPolitik di Ue e Occidente si trovano di fronte alla necessità di costruire un nuovo modello sociale. Per farlo però devono prima abbattere le macerie di quello che ancora resiste arrancando..e nella lotta ai corrotti trovano un appiglio formidabile, come Slovenia e Bulgaria dimostrano.

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