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TORINO, 1 Maggio 2017: la Questura applica il decreto Minniti

In un Primo Maggio che stava passando alle cronache per la pioggia e la stitichezza di presenza delle forze politiche e sindacali – con presenze ai minimi storici – ci pensano le alte dirigenze cittadine delle forze di Polizia a dare significato politico alla presenza delle istituzioni.

Alcuni siti on-line – brilla su tutti la filo-governativa La Repubblica – scandiscono una cronaca già confezionata e di tranquillizzante conferma delle versioni ufficiali. Si blatera di “guerriglia” e provocazioni quando, se provocazione c’è stata, è quella di un cordone di celerini comandato dall’alto, frappostosi improvvisamente tra l’ultimo spezzone “di partito” e l’inizio dello spezzone sociale.

Era, non a caso, l’unica parte viva  di una sfilata altrimenti muta e ridotta all’osso, con gli scarni numeri di rappresentanza di una casta politica e sindacale unicamente interessata alla riproduzione del proprio – privilegiato – posto di lavoro (discorso questo, vero tanto per i vari bonzi sindacali quanto per i celerini lautamente stipendiati e difesi da tutti i partiti politici).
 
La componente più partecipata della giornata racchiudeva i soggetti protagonisti delle lotte che attraversano questa città e i suoi circondari: centri sociali, lotta per la casa, studenti, lavoratori della logistica, sindacati di base, migranti, movimento NoTav.

Numerosi interventi dal furgone hanno attaccato la vuotezza delle celebrazioni istituzionali, denunciando la sostanziale continuità nel governo della città, con una sindaca e un presidente della regione che aprivano, a braccetto, lo striminzito spezzone di testa. Questo è il risultato. Nonostante l’esperienza nel movimento NoTav, appena arrivano nei tavoli imbastiti delle istituzioni, si fanno abbindolare… speriamo in buana fede.. ma iniziamo ad avere dei dubbi… dai meccanismi ben oliati di concertazione da parte della questura tesi ad un’unica cosa.. accontentare partiti (pd) e sindacati. La sindaca Appendino aveva tra l’altro dichiarato ai media, a inizio giornata, che la polizia sarebbe stata invisibile e che la piazza sarebbe stata aperta e agibile a tutti.

 

Abbiamo visto qualcosa di molto diverso: a metà di via Roma, un folto schieramento di celere ha spezzato il corteo, pretendendo di bloccare l’entrate in piazza San Carlo della componente autorganizzata e conflittuale. È partita, immediata, una carica a freddo contro quella parte di corteo che aveva da dire cose poco concilianti. Evidentemente la striminzite rappresentanze della Cgil, oggi rappresentante unica  dell’“unità sindacale”, non gradivano l’irrompere in quella piazza dei soggetti non garantiti e non rappresentabili dai loro organismi.

Questa parte del corteo non ha comunque accettato di essere bloccata e zittita, continuando a più riprese a pretendere l’agibilità della piazza e a portare il proprio dissenso. Le cariche, indiscriminate e ingiustificate (lo riconosce oggi perfino La Stampa) si sono ripetute per ben 4 volte. Nel corso di una di queste, tra numerosi contusi, è stata fermata anche una compagna, catturata durante una carica in cui era caduta a terra, e successivamente condotta in Questura.

Emerge, sempre più chiaramente col passare degli anni, il ruolo sempre più politico e di sostituzione svolta dalla Questura in questa città. Al venir meno della presenza delle componenti politiche e sindacali istituzionali (e del senso di questa presenza), le forze di polizia emergono come soggetto politico. Effetti, tra gli altri, del decreto Minniti recentemente approvato: a sentire certi discorsi, i Prefetti si montano la testa e sentono di poter disporre come vogliono di uomini e gestione delle piazze.

La determinazione con cui il corteo ha sopportato le cariche e guadagnato la piazza, è però il segno chiaro di una indisponibilità sociale ad essere confinati negli spazi perimetrati da chi lavora solo per la pace sociale. Non tutti sono disposti ad accettare un Primo Maggio pacificato, per noi rimane un giorno di lotta!

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