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Cronache di lotta nel mondo del lavoro [11]: all’alba della lunga campagna elettorale, crescono presidi e nuove mobilitazioni

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Nelle settimane in cui emergono dati sull’impoverimento crescente nella Penisola e sulla divaricazione costante tra classi, è seguito un articolo uscito Giovedì 20 Luglio su La Stampa (pagina 9, ndr), in cui è riportato un sondaggio Piepoli per il quale la “felicità” negli ultimi anni si è polarizzata.

 

“Sono per la maggiorparte i ricchi, con un reddito superiore a 60mila euro, a dichiarare un saldo positivo di felicità.”, ipse dixit.

Senza soffermarci a fondo sui motivi per i quali dati ISTAT, INPS e sondaggi vari ritrovino tanto spazio ultimamente nell’informazione cartacea e online nostrana, si può dire che al netto di una campagna elettorale per le amministrative nazionali che si sta delineando, il tema del lavoro può divenire terreno di conflitto non solo dialogico ai piani alti ma fattuale a livello macro e micro (dai grandi nodi legati a precarietà e redistribuzione alle vertenze, per dirla sommariamente).

E, se nei settori dell’ operaio di stampo quasi fordista non si fermano le mobilitazioni legate al salario e ai licenziamenti sempre più cospicui (vedi l’emblematica protesta degli operai licenziati da Hitachi a Napoli una settimana fa) , non sono poche le grane per il ministero del lavoro che stanno giungendo dalle mobilitazioni, in particolare nei nuovi fronti della precarietà dettati dalle multinazionali. Una lotta, quella dei licenziamenti Hitachi, che si è legata subito e non solo idealmente a quella dei deportati della Fiat di Pomigliano.

FIAT-FCA a trazione Marchionne, delle delocalizzazioni selvagge e del calpestamento totale e totalizzante dei diritti, che vive una questione spinosa e divenuta caso nazionale in Serbia a seguito del clamoroso sciopero dei dipendenti dello stabilimento di Kragujevac, laddove si produce la 500L, che hanno incrociato le braccia dal 27 Giugno, rivendicando tutto ciò che concerne un salario dignotoso per chi svolge una mansione così sfiancate e continuativa. A essere messa a rischio da questa insorgenza non è solo l’immagine pulita di Marchionne & Co all’ estero, ma la crescita economica del Paese ex-jugoslavo nel suo complesso è a venire bloccata, come ventilato dalla premier Ana Brbanic. Gli esiti di questo sciopero sono tutti da scoprire, così come le contromosse della dirigenza locale di FCA, che ipotizza ritorsioni e licenziamenti venturi. Non cessa frattanto la straordinaria mobilitazione dei facchini di Alcar Uno licenziati a nel modenese, in picchetto ieri di fronte ai cancelli del magazzino dopo mesi di scontro e conflitto elevatissimi.

Ma torniamo ai fronti della precarietà.

Non è nuovo a nessuno che in questo paese si stanzino cospicue cifre a grandi inutili opere e per armamenti mentre continuano a latitare i fondi per qualsiasi lavoratore della ricerca. Emerge in questi giorni il caso dei precari Crea, principale ente di ricerca per le Politiche Agricole sotto l’egida del Governo. Nonostante i soldi stanziati, 750 lavoratori su 1600 non hanno una assunzione stabile come da legge (fonte: Fatto Quotidiano) e si sono mobilitati da tutta Italia per alzare la voce sul caso, vedendosi negato un incontro col ministro Martina, che si è svincolato fisicamente dal presidio di protesta lanciato sotto al suo ministero.

Il 15 Luglio a Milano ha preso corpo una delle prime forme di protesta organizzata per quelli che sono anche loro considerati i nuovi schiavizzati sull’altare della logistica internazionale delle città – smart: i fattorini. Quelli del cibo a domicilio, atomizzati e sfruttati senza alcuna garanzia contrattuale e forma di prevenzione (leggi Foodora, Deliveroo, Glovo, Ubereats), che si sono dati appuntamento per una partecipata Rider Strike Mass, che è riuscita nell’ intento di portare alla ribalta il caso, che naturalmente ha potenzialità di estendersi a macchia d’olio su tutte le urbanità coinvolte da questo infame fenomeno.

 

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