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Cosa sta succedendo in Romania? – Intervista a Cris

Puoi contestualizzare le proteste di queste giorni in Romania?

Non c’è solo una spiegazione per una mobilitazione così ampia. Già da tempo si contestava questo decreto legge, ma non riguarda solo questo aspetto. Oltre all’ampia corruzione dei politici, alla demagogia e alla continua infantilizzazione del linguaggio verso l’elettorato forse c’è molto di più. Per farti capire, in breve, la situazione politica in Romania ti dico che il partito liberale PNL ha perso le elezioni e poi è nato un piccolo partito USR (Unione Salvate la Romania) che potrebbe essere visto come la novità di questo Parlamento. Comunque l’attuale governo nato dalle elezioni dell’11 Dicembre è stato un po’ particolare. È stato formato a Gennaio dopo che Iohannis aveva annunciato che il Partito Social Democratico aveva la maggioranza, ma che non avrebbe permesso la presenza di un Primo Ministro condannato oppure con dei processi per abuso di potere e corruzione.

Quindi è stato un messaggio molto contestato da subito dal PSD. Perché il PSD, che pullula di politici già condannati o accusati di vari reati, principalmente abuso di potere e corruzione, per governare ha fatto una coalizione con politici scaricati dai liberali per i loro problemi con la giustizia (vedi rappresentante ALDE, Tariceanu). Il leader del PSD, Liviu Dragnea, che è stato già condannato e questi giorni avrebbe avuto un secondo processo per abuso di potere e falso, avrebbe voluto fare il Primo Ministro, ma non potendo ha pensato bene che un’amnistia che dia una ripulita totale a chi sa orientarsi in fretta, avrebbe fatto al caso suo. Al centro dell’attenzione mediatica c’era proprio questo governo di politici poco conosciuti, con un discorso arrogante, debole in contenuti ed infantilizzante. Non sono appartenenti alla vecchia guardia del PSD, ma molto sottomessi al leader del partito. Questo è stato evidente dal fatto che tante delle dichiarazioni pubbliche non sono state fatte dal Primo Ministro, ma dal leader del Partito Social Democratico, Dragnea.

Ma nel programma politico hanno messo l’aumento del salario minimo e altre misure sociali? cos’è successo?

In effetti, apparentemente le prime misure sono state la messa in atto di quello che hanno promesso nella campagna elettorale. Quindi dal primo febbraio hanno aumentato il salario minimo dal 1250 LEI Lordi a 1450 LEI lordi (320 euro lordi). Hanno alzato le borse di studio e hanno reso gratuiti il trasporto ferroviario entro 300km per gli studenti universitari (mentre agli studenti delle scuole superiori, lo sconto del 50%). Hanno alzato le pensioni sociali. Queste sono misure che sono conosciute specifiche del PSD. Ma c’è un’altra faccia della medaglia. Il PSD non è mai intervenuto sull’infrastruttura, non ha creato un piano in cui queste misure sociali siano sostenute da un programma di vera protezione sociale. Anzi sono misure che aumentano meccanismi capitalisti molto viscidi. Per farti degli esempi: dello stipendio minimo le persone che ne beneficiano non sono gli impiegati statali o di settori corporativi, ma sono lavoratori del settore privato, di multinazionali o aziende de-localizzate: operai, lavoratori dei servizi, commesse, etc. Io vivo a Cluj e potrei farti l’esempio di diverse aziende di calzature italiane che, invece di aumentare gli stipendi, mettono in cassa integrazione i lavoratori con la scusa che non hanno la possibilità di pagare i 320 euro del salario minimo. Così i lavoratori rimanenti devono lavorare il doppio. Questo grazie al fatto che la legge lascia le mani libere a queste aziende. Questo Codice del Lavoro è stato approvato dal governo Liberale, ma successivamente è stato mantenuto e peggiorato dal PSD. Insomma, questo è un altro modo per aumentare lo sfruttamento nel contesto della globalizzazione.

Rispetto alla gratuità sulle ferrovie, tieni conto che è una Azienda di Stato che negli anni è stata molto rovinata. L’infrastruttura è vecchia e i tempi di percorrenza molto lunghi, dubito che migliorino senza fondi. Gli sconti per gli studenti, che sono diciamo per la fascia che usa di più i treni, li pagheranno gli altri viaggiatori, o sempre loro più tardi nel tempo; ma è anche un modo per portare il più possibile le Ferrovie di Stato al limite della copertura finanziaria. E’ un messaggio già presentato da altri governi, quando si discuteva della gratuità dei pensionati e il bisogno di privatizzare le ferrovie. La gente si rende conto che le misure sociali dovrebbero essere molto più coerenti con il sistema economico romeno e non che promuovano misure di privatizzazione in massa e disoccupazione.

Come è iniziato il movimento?

Invece che approvare il bilancio annuale, discutere le misure sociali e la riforma della salute piuttosto che il sistema dell’istruzione, la prima misura su cui il PSD ha insistito è stato questo decreto legge. Questo cambia il codice penale per cui non saranno puniti con il carcere i reati di abuso di potere e di corruzione fino a 45-48mila € (la forbice a seconda dell’oscillazione valutaria del Leu). Per la gente non era una priorità, perché dopo anni in cui si parla di atti di corruzione della classe politica, e molti finiscono dietro le sbarre, era palese che riguardava una specie di debito del partito più grande e corrotto nei confronti di se stesso, ma non la gente. Misure veramente sociali rispetto al sistema carcerario non sono mai state fatte. Della gente che è costretta a rubare per fame e poi è incarcerata, non ne parla nessuno.

Quindi il movimento è cominciato uscendo la domenica, in maniera simile a quello che si faceva per Roșia Montană, per segnalare che il popolo era attento. Tra tutte le cose da fare questo decreto non era certo il più urgente. Mentre erano più urgenti le riforme sulla sicurezza dei locali pubblici, soprattutto dopo la tragedia al club “Colectiv”. Il sistema sanitario sta crollando, in particolare le infrastrutture che dovrebbero essere sostenute dallo stato. Non basta avere dei medici preparati, se poi gli ospedali sono dismessi e tutto si basa sulle tangenti dal settore farmaceutico. C’era una proposta di legge che si pensava avrebbe migliorato questi aspetti, anche perché negli ospedali pubblici uscivano sempre più spesso casi di abusi di potere e corruzione.

Quindi martedì sera (31 Gennaio, n.d.r.) viene pubblicato questo decreto legge d’urgenza senza la consultazione del parlamento e che sarebbe stato attivo entro 10 giorni. La reazione è stata immediata e si è scesi in strada. La voce è girata sui media e sui social network, non c’è un soggetto specifico che ha lanciato un appello.

Ci sono delle componenti politiche che guidano la protesta? Il Presidente Iohannis che ruolo ha?

La più ricorrente domanda mi fanno è chi è il leader di questa protesta, quale movimento la guida. Non c’è un leader, ci sono dei momenti in piazza in cui questo è palese. Non è il Presidente che guida, non è carismatico, non muove le masse, poi il suo partito ha perso le elezioni. C’è proprio un altro punto di vista: la necessità di prendere posizione, di partecipare, di reagire. C’è anche una reazione emotiva a questa sensazione di essere umiliati e non considerati.

Può sembrare che queste proteste siano a sostegno del Presidente. Il Partito Liberale e i suoi alleati si sono avvicinati alle proteste, che però sono molto ampie e non possono essere racchiuse in queste appartenenze politiche. A differenza delle settimane scorse Iohannis non è sceso in piazza, non si è fatto proprio vedere. Quindi non è vero che sono solo persone di destra mosse dal suo partito quelle scese in piazza. Sicuramente una buona parte fa parte del suo elettorato, ma in realtà quelli che non hanno votato (a queste elezioni parlamentari l’astensione è stata molto alto) sono in molti. Infatti nei cortei molte persone portano cartelli in cui dicono di non aver votato, ma che ora sono lì per prendere posizione. La verità è che nessun partito ad oggi è rappresentativo del popolo. La piazza è il luogo in cui veramente le persone sentono di poter partecipare. Infatti quando chiedi alle persone perché si trovano lì, una risposta molto comune è: perché esistiamo, perché non siamo come i nostri genitori che hanno paura di esprimersi o che seguono le solite scelte.

La persone si sono sentite prese in giro ed è per quello che sono in piazza. Non c’è una figura o un pensiero ideologico dominante. I gruppi Facebook (spesso ci sono solo degli “eventi” postati), nascono spontaneamente, in piazza ci sono tante persone per motivi molto diversi: legati al lavoro, che hanno antipatia per il ministro della giustizia, che sono stufi di essere considerati gli ultimi della società oppure infantilizzati, per dare coraggio alla generazione dei genitori o anche per la voglia di stare assieme e discutere anche contraddicendosi, di conoscere altre cose. Non sono solo gli attivisti del movimento Roșia Montană, come si diceva in un primo momento. Ci sono anche molte persone che non hanno partecipato a quel movimento, ma che invece lo hanno fatto per il “Colectiv” o nelle proteste del 2012. L’inverno del 2012 effettivamente può essere visto come un po’ l’inizio di tutto questo. C’è la stessa voglia di uscire, anche se di sera, anche se con -10 gradi (ad oggi pure con la neve). È la modalità con cui si fanno i cortei in Romania!

Ecco, come si svolgono i cortei?

Ti parlo della mia esperienza in una città universitaria, con tasso di istruzione accademica di oltre 40% ma di provincia, e con una forte minoranza ungherese. Martedì sera era proprio con una collega ungherese e abbiamo deciso di andare a vedere cosa succedeva. Entrambe ci aspettavamo un sit-in nella piazza principale. Ed invece non è stato così. Ci siamo riuniti in mezz’ora e siamo partiti in corteo. Nei cartelli e gli striscioni erano molto variegati, ognuno esprimeva la propria idea. C’era la Gendarmeria, i soliti 7-8, ma in generale la polizia non era preparata. Siamo quindi partiti per i quartieri popolari. Cluj è fatta a salite e discese, e il centro tende ad essere gentrificato quindi c’era proprio il bisogno di andare verso i quartieri. Siamo andati avanti fino alle 3 di notte passando per tutti i quartieri e per il campus universitario. Non c’è una strategia precisa sulla direzione da prendere, nessuno ha la direzione del corteo, dipende molto dagli umori della gente. E tante cose si decidono in piazza… incluso il tragitto.

Martedì eravamo 10 mila, giovedi 15 mila, venerdi 30 mila e poi Domenica 50-60 mila. Questa dinamica di crescita è stato proprio un movimento a catena. Ognuno ha chiamato i familiari, gli amici o i colleghi. Tanti hanno parlato al lavoro con i propri colleghi e andavano insieme. Io sono andata in piazza con delle mie colleghe che non avevano mai partecipato a cortei. Ma sono scesi in piazza anche in tante piccole città di provincia in cui i sindaci sono del PSD. Molti studenti di Cluj sono andati a Bucharest.

A Bucarest hanno occupato Piazza Victoria, davanti al Palazzo del Governo. Nel contesto metropolitano la violenza e l’aggressività sono maggiori. La gente è incazzata, c’è la presenza del palazzo del governo e le tifoserie hanno animato gli scontri. Ovviamente sono tutte stupidaggini quelle su Soros finanzia queste tifoserie per fare gli scontri.

Gli ultras hanno avuto un ruolo?

Le tifoserie storiche sono quella della Dinamo Bucharest e Steaua Bucharest. Bisogna dire che i finanziatori dei due club sono molto legati al Partito Social Democratico. Gli ultras si sono fatti vedere in particolare nel 2012, anche ad un corteo per Rosia Montana. Quello che li muove è l’odio viscerale per la Gendarmeria, non penso che abbiano interesse ad avere ruoli diversi.

Da quello che hai potuto vedere quali sono i contenuti principali dei cortei?

In piazza abbiamo scoperto anche una generazione fortissima che si è resa conto che si andava verso un sistema criminale e non democratico. Quello che mi stupisce molto è questa voglia di partecipare alla realtà economica e politica della Romania. Inoltre denunciano le manipolazioni dei media, infatti, come in Italia, le tv hanno dei padroni che stanno con i politici. Si vuole cambiare l’immagine della Romania povera e corrotta e questo è uno dei motivi per cui c’erano bandiera dell’Unione Europea. Non si vuole tornare indietro, c’è la volontà di rimanere nell’UE ma con molta voglia di cambiamento. C’è una consapevolezza molto alta di quello che la Romania ha dato all’UE. Per farvi capire, le aziende hanno una libertà incredibile nel nostro paese. L’Enel opera in Romania e fa dei prezzi dell’elettricità il doppio rispetto all’Italia. Insomma il costo della vita e dei servizi è arrivato a livelli simili a quelli dell’Italia.

Si vedono tuttavia anche dei segni meno belli, tipo elementi di discriminazione nei confronti dei disoccupati o di alcune regioni rumene, emarginati di vario tipo. Però questa è la realtà di Cluj, che ha dei tratti particolari. Non so dirti a Bucharest. Incredibilmente anche la minoranza ungherese si è resa protagonista, forse proprio per questa voglia di prendere parte. Perché per esempio i magiari della generazione dei nostri genitori non sarebbero mai scesi in piazza per questioni rumene.

Cosa pensi della grande presenza di bandiere rumene nelle manifestazioni?

La storia rumena è diversa da quella italiana, il fascismo è stato vissuto diversamente. Qua la bandiera è voluta anche dalle minoranze etniche: magiari, rom, moldavi… la gente la porta in piazza perché non ci sono i sindacati, perché non c’è una bandiera di partito. È solo simbolo in cui riconoscersi in piazza. Lo stesso vale per la bandiera europea, anche se non eviterei di dire che UE è vista da alcuni come garante su alcune questioni, come quella sui diritti.

Ci puoi dare una tua valutazione personale su quanto sta avvenendo? anche riguardo alle reazioni nel resto d’Europa.

Mi scoccia parecchio quando vedo che vengono usati concetti ideologici decontestualizzati. Partiamo da una premessa importantissima. In Romania dalle finte elezioni del 1948 è difficile esprimersi in termini di destra e sinistra. Questi termini non colgono niente. Nessuno dice di essere di “sinistra” o di “destra”. I programmi dei partiti liberali a volte sono più socialisti di quelli dei partiti che hanno la parola “socialista” nel loro nome. Ed è quello che è accaduto negli scorsi anni, durante quali il Partito Social Democratico è stato molto di centrodestra.

Io non rischierei di fare paragoni, tanto meno con gli Indignados o le rivolte in Francia o addirittura il Maidan in Ucraina. È diverso. L’idea maggioritaria è che la Rivoluzione è stata nel 1989. Ora c’è più che altro una rivoluzione delle giovani generazioni che si vogliono differenziare da quella generazione dei nostri genitori che è cresciuta negli anni ’70 e ’80, che erano gli anni pesanti del regime di Causescu. Loro sono pieni di frustrazioni, di pessimismo, paure e rassegnazione. Aderiscono ad un pensiero socialista, ma diverso da quello che intendete voi. Anzi è proprio difficile parlare di pensiero socialista e non lo fanno neanche quelli di PSD che fanno una retorica patriottarda ed autoctonista. Quelli che scendono in piazza non sono solo giovani, perché tanti vengono insieme ai genitori, parenti, ecc. C’è proprio un’idea di partecipazione perché si comincia a capire che il potere non sta solo nell’esecutivo o nelle altre istituzioni, ma si svolge anche in piazza, diffuso nella società. La gente vuol vedere che effetto può avere una pressione di questo genere. Superare l’idea che la popolazione non vale niente. Si può prendere posizione per qualcosa.

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